In questo capitolo:
INTRODUZIONE AL TEMA
La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (altresì nota in Italia come “Carta di Nizza”) riconosce l’accesso all’istruzione e alla formazione professionale e continua come un diritto fondamentale di ogni persona. Non a caso, il primo principio del Pilastro europeo dei diritti sociali UE è il diritto a un’istruzione di qualità ed inclusiva, alla formazione e all’apprendimento permanente.
La crucialità del ruolo dell’educazione e della formazione è chiara nella visione europea. Grazie all’istruzione e alla formazione è infatti possibile, per un giovane, conoscere le proprie potenzialità e coltivare i propri talenti; partecipare alla vita sociale e politica; accedere ad un lavoro dignitoso e migliorare le prospettive di vita. Ma anche disporre degli strumenti più adeguati ad affrontare le grandi transizioni in atto, oggi guidate da driver che stanno ristrutturando i processi produttivi, i sistemi di competenze e i mercati del lavoro. Come la digitalizzazione, ad esempio. ESPANDI
Il quadro emergente dai dati
Nel 2021 in Italia circa un bambino su tre di età inferiore ai tre anni era iscritto ai servizi di cura per l’infanzia (“asili nido”) pubblici e privati, un profilo poco al di sotto della media dell’Unione Europea (36%). Il dato delle Nazioni europee nelle quali si osserva la quota maggiore di bambini iscritti è più del doppio rispetto all’Italia. Tra questi si collocano prevalentemente gli Stati nordeuropei: i Paesi Bassi (74%), la Danimarca (69%), la Norvegia (62%). Francia (57%) e Spagna (55%) occupano posizioni di poco inferiori, mentre si osservano valori simili all’Italia per Regno Unito (38%) e Germania (31%). Tra le ultime posizioni con quote inferiori al 20% si posizionano prevalentemente Paesi dell’Europa Orientale.
In Italia, tra le Regioni del Mezzogiorno si osservano le quote più contenute di bambini iscritti all’asilo nido: Calabria (13%), Basilicata (16.7%) e Campania (19%). La Provincia Autonoma di Trento è l’unica realtà italiana a superare il 40% di bambini iscritti all’asilo nido e si colloca al primo posto davanti a Piemonte (39.5%), Emilia-Romagna (37.6%), Sardegna (37.3%) e Molise (37%).
Quasi il 30% degli studenti di quindici anni non raggiunge gli standard di competenze adeguati alla sua età in matematica, un dato in linea con la media UE (29.5%). Poco meno di uno su quattro (24%) non raggiunge gli standard di competenze adeguati alla sua età in scienze, quota sostanzialmente identica alle media UE. Poco più di uno studente su cinque (21%) non raggiunge gli standard di competenze adeguati alla sua età nella lettura, dato inferiore rispetto alla media UE di circa 5 p.p. (26.2%). Confrontando gli stessi indicatori disaggregati per genere, per quanto riguarda le competenze non adeguate in matematica, nella maggior parte dei Paesi europei considerati, non è riscontrabile una sostanziale differenza tra le performance di studenti maschi e femmine, mentre per quanto riguarda le competenze scientifiche si registrano per lo più lievi differenze a favore delle ragazze. Situazione differente per quanto riguarda le competenze non adeguate nella lettura: la quota di ragazzi che ottiene scarsi risultati è sistematicamente più elevata in tutti gli Stati europei considerati, spesso con scarti molto consistenti rispetto alle ragazze. In particolare, per quanto riguarda l’Italia lo scarto tra studenti e studentesse (8.6 p.p.) è leggermente più contenuto rispetto alla media (9 p.p.).
In tutte le regioni italiane la quota di studentesse di terza media con competenze alfabetiche non adeguate è nettamente inferiore rispetto alla corrispettiva quota di studenti maschi (Figura 1). La quota di studenti che non raggiunge un livello adeguato di competenze alfabetiche è particolarmente elevata in Calabria e Sicilia con quote che superano in entrambi i casi il 50% per i maschi e il 40% per le femmine. In quasi tutte le regioni italiane la quota di studentesse di terza media con competenze matematiche non adeguate è, invece, leggermente superiore alla corrispettiva quota di studenti maschi. Anche per quanto riguarda le competenze matematiche, in Calabria e Sicilia si osservano le quote più elevate di studenti che non raggiungono un livello adeguato: poco inferiori al 60% per entrambe le regioni. Nel Triveneto si osservano le quote più contenute di studenti e studentesse di terza media con competenze non adeguate in matematica: tutte al di sotto del 30%.
In Italia più di un giovane su dieci (11.5%) abbandona gli studi precocemente, una quota maggiore di quasi 2 p.p. rispetto alla media UE (9.6%). Tra i principali Stati europei si registra una quota simile a quella italiana per il Regno Unito (10.9%) mentre la quota di “Early Leavers” (EL) è più elevata in Germania (12.2%) e Spagna (quasi 14%). Il fenomeno degli abbandoni colpisce in misura maggiore i ragazzi rispetto alle ragazze in quasi tutti i Paesi presi considerati. In Italia lo scarto è di 4.5 p.p.
In tutte le regioni italiane, eccetto l’Umbria, la quota di giovani maschi che abbandona precocemente gli studi è nettamente più elevata rispetto alla corrispettiva quota delle coetanee femmine. Il fenomeno è marcatamente più diffuso tra le regioni del Sud, in particolare in Sicilia, dove abbandona precocemente gli studi quasi un ragazzo su 4 (23.4%) e più di una ragazza su 6 (15%). Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia e Umbria sono le regioni italiane che contano meno “Early Leavers” maschi (tutte intorno al 10%), mentre Abruzzo e Molise sono le regioni in cui si osserva la quota minore di EL femmine (circa il 5%).
In Italia, la quota di giovani che abbandonano precocemente i percorsi di studi è nettamente più elevata tra i cittadini stranieri: in particolare, è tra i giovani maschi stranieri residenti nelle regioni del Mezzogiorno che si osserva la quota più alta di EL (53%), 35 p.p. in più rispetto a quanto si osserva tra i coetanei maschi italiani che risiedono nelle regioni meridionali (18%).
Tra i giovani italiani di età compresa tra 16 e 29 anni poco meno di un terzo (31.5%) raggiunge un livello di competenze digitali superiori a quelle di base. L’Italia si colloca tra le ultime posizioni in Europa, quasi 10 p.p. al di sotto della media UE (39.5%), circa 20 p.p. al di sotto del Portogallo (49%), mentre la quota di giovani con competenze digitali superiori al livello base è circa il doppio di quella italiana nei Paesi in cui si osservano le migliori performance, tra cui Finlandia (64%), Paesi Bassi (60%), Spagna (57.6%) e Croazia (57%). Tra i principali Paesi europei per dimensioni demografiche ed economiche, soltanto la Germania (26%) si colloca in una posizione inferiore all’Italia per questo indicatore di digital skills. Mediamente, a livello europeo, non emerge una netta differenza tra la quota di ragazzi e di ragazze che ottiene punteggi superiori al livello base; in Italia lo scarto è di un paio di punti percentuali in favore delle ragazze.
Quasi un quarto dei giovani maschi italiani di età compresa tra i 25 e i 34 anni ha raggiunto al massimo un titolo di studio secondario di primo grado (ex “licenza media”), quota che scende al di sotto del 20% per le coetanee connazionali. Lo svantaggio dei giovani maschi è confermato in quasi tutti i Paesi europei con scarti molto differenti a seconda dello specifico contesto nazionale. Complessivamente l’Italia si colloca al secondo posto (22%) in Europa dietro alla sola Spagna (26.5%), circa 8 p.p. in più rispetto alla media UE (14.7%).
L’Italia si colloca al penultimo posto per quota di giovani di età compresa tra i 25 e i 34 anni che hanno conseguito almeno un titolo di studio terziario (dalla Laurea Triennale o altri titoli equipollenti in poi), complessivamente poco meno del 30%, circa 13 p.p. in meno rispetto alla media UE. In tutti i Paesi europei le giovani donne raggiungono il conseguimento dei titoli di studio più elevati con maggiore frequenza rispetto ai coetanei maschi, in diversi Stati con scarti notevoli. In Italia raggiunge almeno un titolo di studio terziario il 35.5% delle giovani donne di età compresa tra i 25 e i 34 anni rispetto al 23% dei propri coetanei uomini.
L’indicatore riporta il numero di pubblicazioni scientifiche per milione di abitanti redatte in collaborazione tra ricercatori di università collocate in Paesi diversi e fornisce una misura del grado di internazionalizzazione del sistema universitario nei diversi Stati europei. L’Italia si colloca poco al di sotto della media europea con poco più di mille co-pubblicazioni internazionali per milione di abitante, un dato in linea con quello dei principali Stati europei per dimensioni demografiche ed economiche, come Francia (963), Spagna (1003), e Germania (1067).
La quota di dottorandi che proviene dall’estero fornisce una misura dell’attrattività a livello internazionale dell’Università nei diversi Paesi europei. Gli atenei italiani nel 2021 contavano circa il 16% di dottorandi stranieri, una quota inferiore alla media dei Paesi osservati di circa 11 punti percentuali. In tutti gli altri Stati europei paragonabili all’Italia per dimensioni della popolazione e dell’economia si osservano quote di dottorandi stranieri anche molto superiori: Spagna (19%), Germania (23%), Francia (38%), Regno Unito (41%).
Nel 2021 in Italia circa un laureato su quattro (25%) ha conseguito il titolo nelle cosiddette discipline STEM (Scienze, Tecnologia, Ingegneria, Matematica), poco meno del doppio (42%) in discipline artistiche e letterarie o in scienze sociali e dell’educazione, circa il 15% in discipline medico-sanitarie, il rimanente 17% in discipline giuridiche, economiche o amministrative. La quota di laureati STEM è in linea con la media UE (27%) e di altri Paesi come Spagna (21%), Regno Unito (27.3%) e Francia (27.6%). L’Italia si colloca al primo posto per quota di laureati in discipline umanistiche, scienze dell’educazione e sociali, 14 p.p. al di sopra della media UE, 8 p.p. in più rispetto a Spagna e Regno Unito (34%), 16 p.p. in più rispetto alla Germania (26%) e 22 p.p. in più rispetto alla Francia (20%) in penultima posizione. La quota di laureati italiani in discipline medico-sanitarie è di 3 p.p. inferiore rispetto alla media UE, ma superiore di circa 5 p.p. rispetto alla Germania (10%) e 2 p.p. rispetto al Regno Unito (13%), mentre è inferiore di circa 2 p.p. rispetto alla Francia (17%). L’Italia si colloca, infine, al terz’ultimo posto per quota di laureati in discipline giuridiche, economiche e amministrative, 8 p.p. in meno rispetto alla media UE e alla Germania (25%), 2 p.p. in meno rispetto alla Spagna e più della metà rispetto alla Francia (35.5%).
In nessun Paese europeo la quota di laureati e laureate è distribuita omogeneamente per i diversi campi di studio. Il grafico mostra per ogni Stato europeo il rapporto tra la quota di laureate e laureati e la distanza che intercorre tra l’ipotetica situazione di perfetta parità (rappresentata dalla linea orizzontale in corrispondenza del valore 1). In tutti gli Stati europei considerati la proporzione di laureati uomini in discipline STEM (Scienze, Tecnologia, Ingegneria, Matematica) è maggiore rispetto a quella delle laureate nello stesso settore; in Italia circa due laureate donne ogni 3 laureati uomini (0.66). Il dato italiano è superiore rispetto alla media UE e ad altri Paesi europei come Germania (0.34), in penultima posizione, Spagna (0.42) e Francia (0.47). In Italia la proporzione tra laureate e laureati è sostanzialmente paritaria per quanto riguarda le discipline giuridiche e amministrative (1.07), mentre la media UE di laureate donne in queste discipline è di quasi 1.4 volte superiore alla quota di laureati uomini. Il rapporto tra laureate e laureati nel campo della sanità e dei servizi, in Italia, è di 1.55, mentre in media nell’Unione Europea le donne laureate in questo settore sono più del doppio rispetto ai laureati uomini (2.11), con picchi che superano le tre laureate donne ogni laureato uomo nei Paesi baltici, in quelli scandinavi e nel Regno Unito. Infine, il rapporto tra laureate e laureati in scienze umane e sociali in Italia è di circa 2.46, in linea con la media europea (2.58); questo settore disciplinare risulta essere mediamente quello più sproporzionato verso la componente femminile di laureati.
L’Italia si colloca al penultimo posto in Europa per quota di cittadini non comunitari in possesso di un titolo di studio terziario (11%), un dato molto distante rispetto alla media UE, circa il triplo (33.4%). Altrettanto profondo è lo scarto nei confronti di altri Paesi in fondo alla graduatoria: in Spagna, quart’ultima, la quota di cittadini non comunitari che ha raggiunto i più alti livelli di istruzione sfiora il 30%. Il divario cresce ancora se confrontiamo la situazione italiana con quella di altri Paesi simili per dimensioni demografiche ed economiche come la Francia (47%) e il Regno Unito (62%).
La quantità di studenti stranieri iscritti in università italiane è lievemente in aumento. Gli studenti provenienti da altri Stati europei, quasi cinquantamila nell’anno accademico 2021/2022, sono il gruppo più rappresentato. Seguono gli studenti provenienti da Paesi asiatici (circa 35.000), il gruppo che è aumentato maggiormente nel triennio considerato (+26%), gli studenti provenienti da Stati africani (quasi 16.000), gli studenti provenienti dal continente americano (circa 11.000) e infine una piccolissima quota di studenti provenienti dall’Oceania (111).
Al primo posto per numerosità tra i cittadini stranieri iscritti nelle università italiane si collocano gli studenti di nazionalità romena (11.239), seguiti da albanesi (8.357) e cinesi (8.053), appartenenti a tre fra le più ampie comunità straniere in Italia. Il quarto gruppo per numerosità è quello degli studenti universitari provenienti dall’Iran (7.224). In questo caso, invece, la comunità iraniana in Italia, che conta circa diciassettemila persone al 1/1/2023, secondo i dati Istat, non rientra nemmeno nelle prime trenta comunità straniere per numerosità. Tale dato sembra evidenziare una forte specializzazione per motivi di studio degli immigrati provenienti da questo Paese. La prima comunità africana per numero di studenti universitari iscritti in Italia è quella marocchina (3.705, al settimo posto); la prima americana è quella peruviana (2.507, all’undicesimo posto); mentre bisogna scendere al quindicesimo posto per trovare il primo gruppo per numerosità di studenti provenienti da un altro Stato UE, ovvero i cittadini francesi (1.852).
Nei cicli di istruzione primaria e secondaria, l’Italia si colloca al primo posto in Europa per quota di insegnanti di età superiore ai 50 anni (57%); è tra le ultime posizioni per quota di insegnanti di età compresa tra 30 e 49 anni (41%); e in fondo alla graduatoria, insieme al Portogallo, per quota di insegnanti under 30 (2%). La quota di docenti over 50 è particolarmente elevata se paragonata ad altri Stati come Germania (39%), Spagna (36%), Francia (31%) e Regno Unito che, con circa un insegnante over 50 su cinque e il 23% di giovani docenti under 30, impiega la classe docente più giovane d’Europa.
Anche per quanto riguarda i cicli di istruzione terziaria, l’Italia si colloca al primo posto in Europa per quota di docenti over 50 (56%); all’ultimo posto per quota di docenti di età compresa tra 30 e 49 anni (43%); e per quota di docenti under 30 (1%). La situazione è molto più equilibrata in Spagna, dove la quota di docenti universitari over 50 non supera il 50%, mentre la quota di docenti più anziani è nettamente inferiore in Francia (37%), Regno Unito (37%) e Germania (29%).
Il livello di anzianità degli insegnanti di scuola primaria e secondaria in Italia è ancora più evidente se si rapporta la quota di insegnanti over 50 alla quota di insegnanti under 50. Come evidenziato dal grafico l’Italia è il Paese europeo con la proporzione più elevata di insegnanti sopra i 50 anni che sono circa 1.3 volte più numerosi degli insegnanti under 50.
Il numero medio di alunni per insegnante in Italia varia in maniera molto lieve passando dalla scuola dell’infanzia (12 circa) alla scuola primaria (11 circa) e infine alle scuole secondarie (meno di 11). In genere proporzioni simili sono osservabili in quasi tutti i Paesi europei, la media UE è di 12 alunni per insegnanti nella scuola dell’infanzia e di 11.5 sia nella scuola primaria che nelle scuole secondarie. Costituiscono un’eccezione la Francia con una media di 23 alunni per insegnanti nelle scuole dell’infanzia, 18 alunni per insegnante nella scuola primaria e circa 13 alunni per insegnante nelle scuole secondarie, e il Regno Unito, con la media più alta d’Europa di alunni per insegnante nella scuola dell’infanzia (38), nella scuola primaria (20), e una media tra le più alte per quanto riguarda il numero di alunni per insegnanti nelle scuole secondarie (17).
Il grafico riporta i risultati della survey TALIS condotta dall’OECD su un campione di insegnanti a livello internazionale. Circa il 12% dei docenti italiani si dichiara soddisfatto per come la società percepisce il valore dell’insegnamento come professione. Una quota quasi doppia rispetto alla Francia (6.6%), più elevata rispetto al Portogallo (9%), ma molto inferiore rispetto al Regno Unito (29%). È invece decisamente più elevata la quota di insegnanti italiani che si dichiara soddisfatta del compenso percepito (57%). Dal punto di vista del compenso salariale, i docenti italiani sono mediamente più soddisfatti rispetto ai colleghi francesi (49%), spagnoli (35%) e portoghesi (44%). I Paesi con la quota più alta di insegnanti soddisfatti per il proprio salario sono il Regno Unito (90%), la Romania (quasi l’80%), Finlandia, Svezia e Ungheria (oltre il 70%).
Una sezione dalla survey TALIS condotta dall’OECD riguarda la valutazione degli insegnanti della qualità dell’insegnamento offerto a studenti con bisogni educativi speciali (BES) nei propri Paesi. Circa il 15% degli insegnanti italiani ha riportato una forte necessità di sviluppo professionale nell’insegnamento a studenti con bisogni educativi speciali. Rispetto ad altri Paesi europei, la quota di insegnanti italiani che conferma questa necessità è tra le più basse. Circa il 57% degli insegnanti italiani dichiara di essere stato formato nell’ambito di percorsi formali all’insegnamento per gli studenti BES, una quota in linea con la media europea.
Lo stipendio medio a parità di potere d’acquisto degli insegnanti italiani al 2020 era di circa quarantamila euro annui, inferiore di circa settemila euro rispetto alla mediana dei Paesi europei considerati ($ 47.278). La retribuzione dei docenti italiani a parità di potere d’acquisto è inferiore rispetto a quella dei colleghi francesi (circa $ 45.000) e britannici ($ 48.500); è molto distante da quella dei colleghi spagnoli ($ 55.000); ed è meno della metà del compenso medio corrisposto agli insegnanti tedeschi ($ 88.000) che si collocano al secondo posto in Europa.
Lo Stato italiano spende il 2.84% del PIL in istruzione primaria e secondaria, una quota non distante dalla media UE (3.01%) e lievemente più elevata rispetto alla quota di PIL destinata all’istruzione primaria e secondaria dalla Germania (2.71%) e dalla Spagna (2.71%). La quota appare però sensibilmente inferiore a quanto spendono Francia (3.45%) e Regno Unito (3.56%). La quota di spesa pubblica destinata dallo Stato italiano all’istruzione terziaria è pari allo 0.78%, un dato significativamente inferiore rispetto alla media UE (1.20%) e al livello di spesa pubblica in istruzione terziaria dei principali Stati europei per dimensione demografica ed economica.
In Italia, la spesa del settore privato destinata all’istruzione terziaria, escludendo le istituzioni educative private, espressa in dollari a parità di potere d’acquisto (Purchasing Power Parity) è poco inferiore a diecimila dollari per studente a tempo pieno (Full Time Equivalent). L’ammontare della spesa privata italiana è sostanzialmente pari alla media dei paesi OECD; è leggermente superiore alla spesa privata in Germania, e di poco inferiore della spesa privata in Portogallo, Spagna e Francia, mentre è meno della metà rispetto alla corrispondente spesa nel Regno Unito (circa 21.500 $PPP).
Educare e formare: visione, strategie e iniziative dell’UE
VISIONE
“Ogni persona ha diritto a un’istruzione, a una formazione e a un apprendimento permanente inclusivi e di qualità, al fine di mantenere e acquisire competenze che consentano loro di partecipare pienamente alla società e gestire con successo transizioni nel mercato del lavoro”. Così cita il principio 1 del Pilastro europeo dei diritti sociali. Con la Strategia di Lisbona, nel 2009 l’Unione Europea si era posta un obiettivo strategico per il decennio a venire: fare dell’Europa l’economia della conoscenza più competitiva e dinamica al mondo. La crescita economica desiderata avrebbe dovuto possedere i seguenti caratteri: essere intelligente, sostenibile e inclusiva. In questo sviluppo, un ruolo chiave veniva riconosciuto all’istruzione. L’UE prefigurava l’avvio di programmi finalizzati a preparare la transizione verso un’economia e una società basate sulla conoscenza attraverso nuove politiche in grado di plasmare la società dell’informazione; implementare la ricerca e sviluppo; accelerare il processo di riforma strutturale per la competitività e l’innovazione; completare la costruzione di un mercato interno; modernizzare il modello sociale europeo; investire nelle persone e combattere l’esclusione sociale (Consiglio Europeo 2000, Presidenza di Lisbona).
In questa successione di lavoro, vengono definiti indicatori comuni e sistemi di monitoraggio e di valutazione allo scopo di creare un processo omogeneo basato su una visione condivisa circa gli obiettivi dei sistemi educativi nazionali. È evidente come l’educazione e la formazione assumano anche una funzione integrativa dell’Unione Europea.
Anche nella più recente Strategia per uno spazio europeo dell’istruzione l’obiettivo è potenziare l’istruzione in Europa al fine di contribuire alla soluzione di problemi socioeconomici complessi accentuati alla luce del COVID-19.
Nell’agenda politica europea, l’istruzione conserva un posto di primo piano anche nella promozione dello stile di vita europeo e nella costruzione di un’economia al servizio delle persone; è riconosciuta uno dei motori principali di un’Europa pronta per l’era digitale e nello sviluppo del Green Deal europeo; contribuisce ad “un’Unione dell’uguaglianza“, ad “un’Europa più forte nel mondo” e “a un nuovo slancio per la democrazia europea” (Commissione Europea 2022).
STRATEGIE
Dalla visione emersa dalla Strategia di Lisbona (Consiglio Europeo 2000) e dal Processo di Bologna (European Higher Education Area EHEA/Bologna Process 1999) promosso dal Consiglio d’Europa per rendere più inclusiva e accessibile l’istruzione superiore, nasce in ambito UE lo Spazio europeo dell’Istruzione (EEA, Commissione Europea 2020; Commissione Europea 2020a). Quest’ultimo intende promuovere la cooperazione tra i Paesi dell’UE nel campo dell’istruzione, con l’obiettivo di migliorare la qualità, la coerenza, l’attrattività dei sistemi educativi europei, e agevolare la mobilità degli studenti e del personale.
Precedentemente, gli obiettivi e le relative direzioni delle politiche educative erano espressi all’interno dei quadri dell’Educazione e della Formazione (Consiglio europeo 2009).
Nella “Comunicazione sulla realizzazione dello spazio europeo dell’istruzione entro il 2025” del 2020, e in due risoluzioni del Consiglio Europeo del 2021 sono indicati:
- una serie di obiettivi strategici per la riforma e la cooperazione europea;
- un insieme di traguardi a livello dell’UE per misurare i progressi;
- diverse azioni a livello dell’UE a sostegno dell’attuazione negli Stati membri;
- un quadro di governance riformato per la cooperazione e la co-creazione.
Gli obiettivi strategici sono inseriti all’interno di sei dimensioni: qualità, inclusione e parità di genere, transizione verde e digitale, insegnanti e formatori, istruzione superiore, apprendimento permanente e mobilità e dimensione geopolitica (Consiglio Europeo 2021; Commissione Europea 2020).
Nella comunicazione sono identificate le seguenti priorità strategiche per il 2021 – 2030:
- educazione e cura della prima infanzia;
- riduzione dei gap regionali in termini di competenze di base;
- riduzione della percentuale degli early leavers (EL);
- valorizzazione degli insegnanti;
- partecipazione degli adulti all’apprendimento.
Per misurare i progressi compiuti il Consiglio ha previsto un insieme di traguardi:
- la percentuale di abbandoni scolastici e di formazione precoce dovrebbe essere inferiore al 9% entro il 2030;
- la percentuale di quindicenni con risultati scolastici scarsi in lettura, matematica e scienze dovrebbe essere inferiore al 15% entro il 2030;
- la percentuale di persone tra i 25 e i 34 anni con un livello di istruzione terziaria dovrebbe essere almeno del 45% entro il 2030;
- la percentuale di studenti di otto anni con scarse competenze in informatica e alfabetizzazione informatica dovrebbe essere inferiore al 15%, entro il 2030;
- la mobilità non è misurata ma è considerata una priorità;
- la percentuale di neolaureati provenienti da percorsi di formazione professionale che beneficiano di esperienze di apprendimento basate sul lavoro durante la loro formazione professionale dovrebbe essere almeno del 60% entro il 2025;
- almeno il 47% degli adulti di età compresa tra i 25 e i 64 anni dovrebbe aver partecipato a programmi di apprendimento nell’arco degli ultimi 12 mesi entro il 2030.
I target della strategia sono gli educatori/insegnanti e i giovani in età scolare, universitari, impegnati in percorsi di formazione e di apprendimento permanente.
Le politiche dell’UE in tema di uguaglianza comprendono la strategia per l’uguaglianza di genere, il piano d’azione dell’UE contro il razzismo e la discriminazione, il quadro strategico dell’UE per l’uguaglianza, l’inclusione e la partecipazione delle minoranze etniche Rom, la strategia per l’uguaglianza LGBTIQ+ e la strategia per i diritti delle persone con disabilità.
INIZIATIVE
INIZIATIVE | TARGET | OBIETTIVI | PRINCIPALI FONTI DI FINANZIAMENTO |
Spazio Europeo dell’Istruzione (EEA) |
Giovani, formatori e insegnanti |
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Erasmus+; FESR; FSE+; Fondo di Coesione; NextGenEU; Orizzonte Europa; Europa digitale |
Piano d’azione sull’educazione digitale |
Giovani, formatori e insegnanti |
Per sostenere queste traiettorie prioritarie, è stata istituito un polo per l’istruzione digitale che promuoverà la cooperazione e lo scambio di conoscenze in materia di istruzione digitale a livello dell’Unione Europea. |
Fondi SIE; Europa digitale; NextGenEU; Erasmus+ |
School Education Gateway |
Formatori e insegnanti |
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Fondi SIE; Europa digitale; NextGenEU; Erasmus+ |
Raccomandazione “Percorsi di successo scolastico” (2022) |
Giovani, formatori e insegnanti |
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Erasmus +, NextGenEU; FESR; FSE+; Fondo asilo, migrazione e integrazione; Orizzonte Europa; Europa digitale |
Toolkit VET (CEDEFOP) |
Giovani, Formatori e insegnanti |
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Erasmus+ |
Tabella di marcia per l’insegnamento e l’apprendimento per la transizione verde e lo sviluppo sostenibile; GreenComp |
Giovani, formatori e insegnanti |
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Erasmus +, NextGenEU; FESR; FSE+; Fondo asilo, migrazione e integrazione; REPowerEU; Orizzonte Europa; Europa digitale |
Strategia europea per l’Università; Sistema europeo di certificazione della qualità e riconoscimento: Marchio di diploma europeo congiunto; Statuto giuridico per le alleanze degli istituti di istruzione superiore |
Giovani, formatori e insegnanti |
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Erasmus+; Orizzonte Europa; Europa digitale; NextGenEU; i fondi nell’ambito della gestione concorrente; InvestEU |
Microcredenziali per l’apprendimento permanente; Quadro Europeo di mobilità per l’apprendimento |
Giovani, Formatori e insegnanti |
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NextGenEU; Erasmus+ |
Corpo Europeo di Solidarietà |
Giovani, formatori e insegnanti |
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Erasmus + |
Programma Erasmus +
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Giovani, formatori e insegnanti |
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Erasmus + |
RISORSE
Alexiadou, N. e Rambla, X. (2022). Education policy governance and the power of ideas in constructing the new European Education Area. European Educational Research Journal, 0(0). https://doi.org/10.1177/14749041221121388
Commissione Europea (2020). Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio Europeo, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni – sulla realizzazione dello spazio europeo dell’istruzione entro il 2025, COM(2020) 625 final. Brussels, 30.9.2020, SWD (2020) 212 final. Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione Europea: Lussemburgo.
Commissione europea (2020a). Commission Staff Working Document Accompanying the document Communication from the Commission to the European Parliament, the Council, the European Economic and Social Committee and the Committee of Regions – on achieving the European Education Area by 2025, COM (2020) 212 final. Brussels, 30.9.2020, SWD (2020) 212 final. Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione Europea: Lussemburgo.
Commissione Europea (2021). Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio Europeo, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni – Bussola per il digitale 2030: il modello europeo per il decennio digitale. Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione Europea: Lussemburgo.
Consiglio dell’Unione europea (2009). Conclusioni del Consiglio del 12 maggio 2009 – su un quadro strategico per la cooperazione europea nell’istruzione e nella formazione (‘ET 2020’), 2009/C 119/02. Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione Europea: Lussemburgo.
Consiglio dell’Unione europea (2021). Risoluzione del Consiglio – su un quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione verso uno spazio europeo dell’istruzione e oltre (2021-2030), 2021/C 66/01. Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione Europea: Lussemburgo.
Consiglio Europeo (2000) Presidency Conclusions (DOC/00/8). Lisbon: European Council.
Agenda setting: gli Early Leavers
Tra le priorità dell’European Education Area è stata inserita la riduzione della percentuale degli Early Leavers(EL) nell’Unione Europea sotto il 9% entro il 2030.
Nella definizione qui proposta, appartengono a questa categoria giovani di età compresa tra i 18 e i 24 anni che hanno conseguito al massimo l’istruzione secondaria inferiore e non sono coinvolti in ulteriori percorsi di istruzione o formazione (Eurostat 2023). Si tratta di un indicatore importante, utilizzato per riflettere i principi del Pilastro europeo dei diritti sociali e per monitorare gli obiettivi di sviluppo sostenibile.
Nonostante la maggior parte degli europei dedichi all’istruzione una quantità di tempo notevolmente superiore a quella prevista dalla legge (scelta dell’istruzione superiore, l’aumento delle iscrizioni all’istruzione pre-primaria; partecipazione alle iniziative di apprendimento permanente), ancora oggi circa un giovane su dieci abbandona prematuramente la scuola o la formazione. Una scelta che avrà impatti importanti non solo sui percorsi futuri di quegli stessi individui, ma anche sulle società e sulle economie di appartenenza.
Per questa ragione, ridurre l’abbandono scolastico e garantire ad un numero più elevato di giovani europei la possibilità di finalizzare percorsi di istruzione e formazione di qualità sono considerati fattori chiave per lo sviluppo socioeconomico dell’Europa1 Raccomandazione del Consiglio, 28 giugno 2011..
Quello degli EL è un fenomeno complesso e sfaccettato che si innesta in cause multiple anche lontane nel tempo. Esso prende forma dall’interazione di una serie di dimensioni diverse che vedono la situazione individuale di ogni studente (es. condizione di disabilità, situazione socioeconomica) combinarsi con elementi contestuali esterni (es. scolastici e contestuali nazionali)2 Directorate-General for Education, Youth, Sport and Culture, Schools and Multilingualism, European Union (2019). Assessment of the Implementation of the 2011 Council Recommendation on Policies to Reduce Early School Leaving Final report: July 2019..
Fanno parte degli EL coloro che abbandonano la scuola, ma anche gli assenteisti e coloro che adottano una frequenza passiva. Al quadro si aggiungono poi coloro che non raggiungono i livelli di apprendimento richiesti, con ripercussioni negative sulle loro prospettive di crescita professionale e culturale (si parla a questo proposito di “dispersione implicita”). ESPANDI
RISORSE
Consiglio dell’Unione europea (2011). Raccomandazione del Consiglio del 28 giugno 2011 – sulle politiche di riduzione dell’abbandono scolastico, 2011/C 191/01.Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione Europea: Lussemburgo.
Directorate-General for Education, Youth, Sport and Culture, Schools and Multilingualism (2019). Assessment of the Implementation of the 2011 Council Recommendation on Policies to Reduce Early School Leaving. Final report: July 2019. Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione Europea: Lussemburgo.
European Commission, Directorate-General for Education, Youth, Sport and Culture, (2022). Education and training monitor 2022: comparative report, Publications Office of the European Union. https://data.europa.eu/doi/10.2766/117416e
EUROSTAT (2023). Early leavers from education and training. Dati estratti: Maggio 2023. https://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php?title=Early_leavers_from_education_and_training
OECD (2023). Education at a Glance 2023: OECD Indicators. OECD Publishing: Paris, https://doi.org/10.1787/e13bef63-en.
Chi fa cosa in Europa: interventi di policy
NORVEGIA
La Norvegia è tradizionalmente molto impegnata sul fronte del sistema educativo scolastico. Nel 2020, il paese scandinavo ha investito in istruzione il 6,8% del PIL (rispetto a una media dei paesi OECD del 5,1%)(OECD 2023).
Il sistema educativo norvegese è costruito su principi legati all’importanza della comunità (fellesskolen) e dell’unitarietà (enhetsskolen) intesa come inclusività (Tjeldvoll 2009 in Bjøru 2019). Questo approccio traspare in un modello scolastico che si muove a partire dall’intenzione di rivolgersi a tutti gli studenti, accogliendone le diverse provenienze e capacità.
Relativamente agli EL, il sistema scolastico norvegese prevede la non obbligatorietà dei 3 anni previsti per l’istruzione secondaria superiore, a cui hanno diritto tutti i discenti che abbiano completato il ciclo di 10 anni di scuola primaria. In questo quadro sono considerati EL tutti gli studenti che non hanno completato l’istruzione secondaria superiore entro un periodo di cinque anni (CEDEFOP 2022). Dalle recenti rilevazioni EUROSTAT (2023), il dato percentuale relativo alla popolazione tra i 18 e 24 anni considerata rientrante nella categoria degli EL è pari al 13,2%, un valore al di sopra della media europea di 3,6 punti percentuali.
Il relativo aumento del fenomeno negli ultimi anni – confermato anche dall’ultima rilevazione EUROSTAT – ha mosso i governi norvegesi ad intervenire sul tema a partire da tre elementi (Ministero della Pubblica Istruzione 2017):
- rafforzamento della scuola materna, con una particolare attenzione rivolta alle competenze di base come fattore centrale per prevenire l’abbandono scolastico;
- supporto agli studenti riconoscendo la fragilità mentale come uno degli elementi che determina l’abbandono scolastico;
- riconoscimento di una connessione tra abbandono scolastico e opportunità e servizi offerti al di fuori del contesto scolastico.
A partire da questi elementi, nel 2020 è stata avviata una riforma finalizzata, da una parte, a supportare il completamento del percorso scolastico dell’istruzione secondaria superiore da parte dei giovani, e, dall’altra, a migliorare la qualità dell’insegnamento, coinvolgendo la comunità di riferimento nella costruzione di percorsi che siano poi qualificanti e allineati all’offerta di lavoro del territorio.
La riforma (Ministero della Pubblica Istruzione, 2021) vede le seguenti direttrici:
– estendere la possibilità dei giovani e degli adulti di completare l’istruzione secondaria superiore considerato come diritto sostanziale della persona;
– rafforzare l’apprendistato al fine di fornire certificazioni professionali o un diploma;
– attivare collaborazioni con l’università per valutare ciò che è necessario affinché gli studenti si qualifichino e siano preparati per l’istruzione superiore;
– accogliere in maniera inclusiva ed equa tutti gli studenti, migliorando l’approccio verso gli studenti con disabilità;
– investire nell’apprendimento permanente degli adulti.
L’orientamento della riforma portata avanti dalla Norvegia incoraggia una logica multistakeholder che vede il coinvolgimento delle municipalità norvegesi in tavoli di lavoro in cui monitorare l’uso dei fondi pubblici e definire le misure più coerenti da adottare nei contesti locali. Il modello ha l’obiettivo di responsabilizzare gli operatori scolastici in termini sia di formazione che di creazione di sinergie con le università del proprio territorio.
Per quanto riguarda l’educazione non formale, questa è sostenuta dal sistema norvegese attraverso la gestione da parte della Direzione per l’infanzia, la gioventù e la famigliadi un programma nazionale di fondi volti a sostenere progetti della società civile che coinvolgono giovani vulnerabili a rischio di mancato completamento del ciclo d’istruzione. L’obiettivo è potenziare pratiche sociali e luoghi di incontro aperti alla partecipazione, ad attività di svago e di vacanza.
A questo titolo sono stati stanziati 664,4 milioni di corone norvegesi per progetti nuovi o esistenti (EACEA 2023).
In generale, la riforma norvegese adotta un orientamento particolarmente attento al tema dell’educazione, declinata in senso ampio. Muovendosi a partire dal riconoscimento dei fattori extra-scolastici come una delle cause del fenomeno degli EL, la riforma si muove in una logica bifocale: da una parte, si insiste sul miglioramento della qualità dell’insegnamento, anche nella previsione dell’orientamento post-scuola secondaria; dall’altra, si coinvolge la società civile e gli attori istituzionali locali nel creare un ambiente educativo stimolante nel supportare la crescita personale degli studenti.
RISORSE
Bjøru A. M. (2019). Upper secondary school in Norway: Discourses about dropout in white papers. Studia paedagogica vol. 24, n. 2, 2019 www.studiapaedagogica.cz https://doi.org/10.5817/SP2019-2-6
Cedefop, Norwegian Directorate for Higher Education and Skills (2022). Vocational education and training in Europe – Norway: system description [From Cedefop; ReferNet. Vocational education and training in Europe database]. https://www.cedefop.europa.eu/en/tools/vet-in-europe/systems/norway-u2
European Education and Culture Executive Agency (2023). Preventing early leaving from education and training (ELET) – Norway. Youth wiki – National Platform Policies.
EUROSTAT (2023). Early leavers from education and training. Dati estratti: Maggio 2023. https://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php?title=Early_leavers_from_education_and_training
EURYDICE (2023). National Reforms in School Education – NORWAY
Kunnskapsdepartementet [Ministero della Pubblica Istruzione] (2017). Meld. St. 21: Lærelyst – tidlig innsats og kvalitet i skolen [Libro bianco n. 21: Voglia di imparare – Impegno precoce e qualità nella scuola]. (2016–2017). Oslo: Kunnskapsdepartementet.
Kunnskapsdepartementet [Ministero della Pubblica Istruzione] (2021). Meld. St. til Stortinget [Comunicazione al Parlamento]: Fullføringsreformen– med åpne dører til verden og fremtiden [La riforma del completamento – con le porte aperte al mondo e al futuro]. Oslo: Kunnskapsdepartementet. [Data di approvazione: 26 marzo 2021]. Reperibile da https://www.regjeringen.no/no/dokumenter/meld.-st.-21-20202021/id2840771/
OECD (2023). “Norway”, in Education at a Glance 2023: OECD Indicators, OECD Publishing: Paris. DOI: https://doi.org/10.1787/d2886a6f-en
Tjeldvoll, A. (2009). Enhetsskolen [The comprehensive school]. In Store norske leksikon [The Norwegian Encyclopaedia]. Oslo: Foreningen SNL – Store norske leksikon [The SNL Foundation]. Reperibile da https://snl.no/enhetsskole
FRANCIA
Fin dal 2013, le normative legate al contrasto del fenomeno degli Early Leavers (EL) vedono la promozione del coinvolgimento delle famiglie nel lavoro di prevenzione attraverso la formazione di team di lavoro formati da insegnanti e genitori.
Nel 2022, il governo francese ha abbassato l’avvio dell’obbligo scolastico – che termina al raggiungimento dei 16 anni – dai 6 ai 3 anni di età, seguendo un approccio che vede nell’inserimento nel ciclo scolastico fin dalla prima infanzia uno dei fattori di supporto e d’inclusione per prevenire la dispersione scolastica (Garnier 2020).
La strategia per ridurre gli EL si concentra prioritariamente sulla prevenzione, prima che sul recupero dei casi, e si articola in collaborazioni interministeriali e multistakeholder, che vedono il coinvolgimento delle Regioni (le cui competenze sull’abbandono scolastico sono state rafforzate), delle autorità locali, dell’associazionismo, fino alle famiglie degli alunni e i rappresentanti degli educatori.
La politica preventiva francese ha portato ad una diminuzione consistente del fenomeno, come riscontrabile dalle rilevazioni EUROSTAT (2023): nella percentuale di EL nella fascia di popolazione tra i 18 e i 24 anni la Francia raggiunge il 7,6%, mantenendosi al di sotto della media europea (9,6%).
Questa attività preventiva è condotta internamente alle scuole dai gruppi di prevenzione per l’abbandono scolastico (GPDS), formati dagli insegnanti e coordinati da un referente, il cui lavoro si articola attraverso l’utilizzo di dati estratti dal sistema interministeriale di scambio di informazioni (système interministériel d’échange d’informations, SIEI). Questo sistema consente di individuare gli abbandoni scolastici precoci sulla base dell’uso incrociato delle banche dati del Ministero dell’Educazione Nazionale e dei suoi partner (agricoltura, centri di formazione per apprendisti e occupazionali), nell’ambito di campagne annuali di identificazione. Il lavoro di follow-upe supporto dei giovani è legato ad una piattaforma (plateformes de suivi et d’appui aux décrocheurs, PSAD) utilizzata per contattare le persone identificate dal SIEI al fine di offrire loro – dopo un’intervista – soluzioni personalizzate per rientrare nel ciclo scolastico o in percorsi di formazione.
Il piano di prevenzione affida all’educazione formale e agli insegnanti un ruolo centrale per la posizione privilegiata nell’osservazione di casi di studenti vulnerabili. In questo senso, sono stati avviati a partire dal 2013 programmi volti a formare i docenti e sono state istituite figure esterne quali i “consiglieri per l’abbandono scolastico” che rispondono ai dirigenti scolastici. A supporto di questa misura che desidera costruire una alleanza tra studenti, famiglie e personale scolastico, investimenti ad hoc hanno permesso la attivazione di un corpo degli psicologi a supporto dell’educazione nazionale.
Altre misure che si muovono in questa medesima direzione sono:
- l’organizzazione di “alleanze educative” coordinate da professionisti nel campo educativo che hanno lo scopo di far dialogare gli stakeholder di riferimento, tra cui i genitori;
- l’adozione di spazi dedicati esclusivamente all’incontro con i genitori degli studenti, ed in particolare dei più vulnerabili;
- l’attuazione di un programma d’integrazione — il cosiddetto contratto di accoglienza e integrazione denominato “Parcours personnalisé d’intégration républicaine” (Legge 2016/274) — finalizzato a sviluppare l’acquisizione della lingua e l’inserimento nella società francese;
- fin dal 2010 è stata costruita una partnership tra il Ministero dell’educazione nazionale francese e la Fondation de France volta a promuovere iniziative per il contrasto all’abbandono scolastico.
In generale, le politiche francesi rispetto al tema, pur configurandosi in un quadro tradizionalmente centralista, si distinguono per l’intenzionalità connettiva tra scuola (con gli insegnanti supportati da risorse e strumenti in tal senso) e famiglia, da una parte, e, l’utilizzo dei big data in un’ottica interministeriale, che oltrepassa la logica dei “silos” tipica della pubblica amministrazione, dall’altra.
RISORSE
Ministère de l’éducation nationale et de la jeunesse (2020). Circulaire de rentrée
European Education and Culture Executive Agency (2021). Preventing early leaving from education and training (ELET) – France. Youth wiki – National Platform Policies.
EUROSTAT (2023). Early leavers from education and training. Dati estratti: Maggio 2023. https://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php?title=Early_leavers_from_education_and_training
EURYDICE (2023). National Reforms in School Education – FRANCE
Garnier P. (2020). L’obligation d’instruction dès l’âge de trois ans: un tournant dans l’histoire de l’école maternelle en France. Revue international de communication et socialisation, hal-03683722
OECD (2020), Education Policy Outlook: France. Available at: www.oecd.org/education/policy-outlook/country-profile-France-2020.pdf.
GERMANIA
In Germania, il numero percentuale di Early Leavers (EL) rispetto alla fascia di popolazione tra i 18 e i 24 anni è del 12,2%, (contro la media europea di 9,6%).
Nel contrastare il fenomeno, il Paese non presenta una strategia integrata, quanto diverse azioni sia sul piano nazionale che regionale finalizzate a favorire il completamento del ciclo d’istruzione sia ai giovani che agli adulti.
A livello nazionale, le misure sono racchiuse all’interno della Initiative Bildungsketten (Initiative on Educational Chains) che vede il fulcro della sua azione nel supporto alla filiera dell’educazione a partire dall’orientamento fino alla transizione scuola-lavoro.
Avviata nel 2010 con chiusura prevista nel 2026, l’iniziativa è frutto di un lavoro interministeriale congiunto tra il Ministero Federale dell’Istruzione e della Ricerca, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e l’Agenzia Federale dell’Occupazione, in collaborazione con gli Stati federali. Obiettivo della collaborazione è la creazione di strumenti per aiutare i giovani a rimanere nell’alveo della scuola e a rafforzare le possibilità di tutti di ottenere un titolo di studio e un ingresso nel mondo del lavoro.
Seguendo un approccio ormai consolidato nel modello scolastico tedesco, il processo di orientamento professionale è condotto in modo sistematico e precoce per identificare le persone a rischio vulnerabilità e promuovere forme di sostegno per il conseguimento della qualifica scolastica.
Tra le principali misure si inserisce l’analisi del potenziale, un apprendimento dei propri punti di forza, che tutti gli studenti al 7° anno del ciclo scolastico devono sostenere, e i cui risultati possono supportare lo sviluppo dell’autonomia del discente e incoraggiarlo in un percorso scolastico adatto al potenziale espresso.
Non vanno poi dimenticate le diverse modalità di orientamento professionale offerte dal sistema duale tedesco, il quale prevede percorsi orientati alla pratica, come tirocini o sessioni laboratoriali, che si collegano ad attività rivolte a favorire la transizione scuola-lavoro a partire dal penultimo anno scolastico.
Interamente dedicata agli EL è l’iniziativa VerA, finanziata dal Ministero Federale dell’Istruzione e della Ricerca. Il programma prevede forme di coaching agli studenti nei percorsi di tirocinio da parte di professionisti in pensione che, a titolo volontario, sostengono i giovani in una visione intergenerazionale. VerA desidera valorizzare l’esperienza ed il saper fare dei senior mettendoli a servizio di chi per la prima volta si interfaccia con il mondo del lavoro.
In un approccio olistico al tema degli EL si muove l’iniziativa “Kita-Einstieg”. Avviato nel 2017 il programma prevede la promozione e il sostegno di progetti e approcci innovativi di supporto per l’ingresso ai servizi per l’infanzia (asili nido) per le famiglie immigrate o svantaggiate.
RISORSE
European Education and Culture Executive Agency (2022). Preventing early leaving from education and training (ELET) – Germany. Youth wiki – National Platform Policies.
EUROSTAT (2023). Early leavers from education and training. Dati estratti: Maggio 2023. https://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php?title=Early_leavers_from_education_and_training
OECD (2023). “Germany”, in Education at a Glance 2023: OECD Indicators. OECD Publishing,:Paris. DOI: https://doi.org/10.1787/d2886a6f-en
DANIMARCA
Nel 2022 la Danimarca presentava un numero percentuale di Early Leavers (EL) per la fascia di popolazione tra i 18 e i 24 anni del 10%, dato in linea con la media europea (9,6%) e in lieve peggioramento rispetto alle rilevazioni precedenti (EUROSTAT 2023).
A contrasto del fenomeno degli EL e del relativo aumento delle persone in condizione NEET, sono state avviate diverse iniziative aventi come priorità la promozione dell’istruzione e della formazione professionale (IFP) tra gli studenti. Va ricordato che il sistema danese di istruzione e formazione professionale è di tipo duale6Il sistema duale è costituito da un approccio educativo che si articola attraverso la combinazione di fasi formative “in aula”, svolte presso un istituto educativo, e periodi di apprendimento pratico in ambienti lavorativi. Tale approccio mira a agevolare la transizione degli studenti tra il contesto scolastico e quello lavorativo, consentendo loro di acquisire competenze direttamente applicabili nel mercato del lavoro. Questa modalità propone una sinergia tra il percorso di istruzione e formazione obbligatoria dei giovani, ancora vincolati da un obbligo legale, e l’esperienza pratica nelle realtà professionali. L’obiettivo è facilitare un più rapido passaggio dalla formazione all’inserimento professionale, fornendo agli studenti gli strumenti necessari per orientarsi con successo nel mondo del lavoro. e si caratterizza per un elevato livello di decentralizzazione (Eurydice 2023).
Questo orientamento si è tradotto in diverse misure e politiche, a partire dalla riforma del 2014 dell’istruzione e della formazione professionale, che ha introdotto quattro principali nuove aree tematiche, ognuna delle quali contiene un certo numero di programmi di IFP per rendere più attrattiva e facile e coerente la scelta di questo percorso per i giovani.
I corsi introdotti sono: i) cura, salute e pedagogia; ii) servizi amministrativi e commerciali; iii) cibo, agricoltura e turismo; iv) tecnologia, costruzioni e trasporti.
Inoltre, la riforma ha stabilito nuovi criteri di accesso per gli studenti ai percorsi formativi professionali. Gli studenti saranno ammessi solo al completamento della scuola dell’obbligo e al conseguimento di un voto minimo definito in lingua danese (o nella lingua d’insegnamento) e in matematica negli esami di maturità, oppure nel caso in cui lo studente abbia formalizzato un accordo di formazione presso un’impresa.
Il requisito di ammissione è applicabile sia ai giovani che agli adulti (Danish Ministry of Education 2014).
Questa iniziativa è stata costruita ad integrazione della misura del 2010, la quale prevedeva il rafforzamento delle competenze certificate (in particolare pedagogiche) necessarie per gli insegnanti di IFP. Sempre nel 2014, all’interno di un’ampia riforma del sistema di servizi sociali, è stata resa obbligatoria la partecipazione all’istruzione e alla formazione per i disoccupati sotto i 30 anni che ricevono prestazioni sociali.
Un maggior investimento nell’IFP è anche alla base dell’accordo tra governo e parti sociali “Better Paths to education and employement” del 2017. Quest’ultimo ha visto l’introduzione di nuovi percorsi formativi e l’implementazione di politiche mirate a migliorare l’attrattiva dell’IFP tra gli studenti (Cedefop 2021).
Per migliorare la qualità della formazione professionale sono state implementate linee di finanziamento atte a:
– costituire centri di ricerca e pool di esperti per migliorare la qualità dei corsi IFP
– stanziati maggiori finanziamenti per studenti che scelgono di specializzarsi attraverso percorsi IFP
– attivazione di un accordo tra governo, sindacati e imprese per aumentare e facilitare la possibilità di fare un’esperienza di apprendistato
Per quanto concerne il tema specifico degli EL, è previsto un sistema di monitoraggio delle assenze che in caso di necessità è preposto ad attivare i servizi comunali per supportare lo studente anche con il supporto di professionisti (Commissione europea et al. 2023). Inoltre, sono attive unità comunali intersettoriali responsabili di misure educative, sociali e occupazionali per giovani sotto i 25 anni. Queste unità offrono servizi di orientamento, prossimità e follow-up anche a giovani già occupati, nel caso in cui necessitino di un aiuto per completare l’istruzione secondaria superiore. Le iniziative portate avanti a livello locale per ridurre l’abbandono scolastico sono raccolte, coordinate e monitorate all’interno di un database nazionale che contiene le informazioni in merito all’istruzione, alla formazione e all’occupazione dei giovani.
RISORSE
Commissione europea, EACEA, Eurydice. (2023). Structural indicators for monitoring education and training systems in Europe – 2023: Early leaving from education and training. Eurydice report. Luxembourg: Publications Office of the European Union.
EUROSTAT (2023). Early leavers from education and training. Dati estratti: Maggio 2023. https://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php?title=Early_leavers_from_education_and_training
Cedefop (2021). Spotlight on VET – 2020 compilation: vocational education and training systems in Europe. Luxembourg: Publications Office. http://data.europa.eu/doi/10.2801/667443
Danish Ministry of Education (2014). Improving Vocational Education and Training – overview of reform of the Danish vocational education system. Reperibile a: https://www.uvm.dk/-/media/
EURYDICE (2023). Organisation of the Education System and of its Structure – Denmark.
Ministeriet for Børn, Undervisning og Ligestilling. (2017). Aftale om forberedende grunduddannelse. https://www.uvm.dk/-/media/filer/uvm/udd/fgu/2017/171115-fgu-aftaletekst.pdf
OECD (2023). “Denmark”, in Education at a Glance 2023: OECD Indicators. OECD Publishing: Paris. DOI: https://doi.org/10.1787/d2886a6f-en
ITALIA
I dati indicano per l’Italia un numero percentuale di Early Leavers (EL) nella fascia di popolazione tra i 18 e i 24 anni del 11,5%, contro una media europea del 9,6% (EUROSTAT, 2023).
Sull’onda del riconoscimento del fenomeno, il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha istituito una cabina di regia in tema di contrasto alla dispersione scolastica. Con specifici atti d’indirizzo, quest’ultima si è mossa per ridurre i fattori, soprattutto ambientali e di contesto, che generano dispersione.
L’ azione è stata rivolta in particolar modo ad alcuni territori italiani che maggiormente soffrono di diseguaglianze socioeconomiche, le quali comportano anche una deprivazione culturale, mentre favoriscono un maggior tasso di dispersione e abbandono scolastico.
A livello regionale, nel 2020 è stato approvato il “Piano di intervento per la riduzione dei divari territoriali in istruzione” rivolto a interventi focalizzati sul miglioramento dei risultati per le regioni Calabria, Campania, Sardegna e Sicilia.
Gli interventi di carattere nazionale sono invece contenuti nel Programma Operativo Nazionale per la Scuola, finanziato dai Fondi strutturali europei SIE – Competenze e ambiente di apprendimento 2014-2020. Il PON ha stanziato 2,8 miliardi, finanziando n. 52.343 progetti per la prevenzione e il recupero degli EL su tutto il territorio nazionale a favore di 8.000 istituti scolastici. Ciò ha previsto la formazione di più di 2 milioni tra studenti, docenti e adulti coinvolti nei processi educativi.
L’indirizzo degli investimenti messi a disposizione si formalizzano intorno a due assi: potenziare la qualità degli apprendimenti, da una parte, e l’inclusività della formazione, dall’altra.
Questi interventi si sono concretizzati attraverso diverse misure:
- l’ampliamento degli orari di apertura e delle attività offerte dalle scuole;
- il consolidamento di pratiche per una scuola “aperta”. Concepita intorno all’idea del civic center e perciò destinata non solo agli studenti, ma anche alla cittadinanza, la scuola viene considerata come un polo aggregativo per il territorio, così come luogo di promozione di eventi ed azioni anche rivolte alla prevenzione del disagio giovanile e al contrasto alla dispersione scolastica;
- il potenziamento della scuola dell’infanzia, per ampliare l’offerta e promuovere un accesso scolastico precoce;
- la predisposizione di spazi didattici adeguati all’idea di smart school per rispondere alle diverse esigenze architettoniche (si pensi, ad esempio, al tema dell’accessibilità delle aule scolastiche agli alunni con disabilità);
- il potenziamento dell’edilizia scolastica e le dotazioni tecnologiche per gli studenti.
Nel settembre del 2023 è stato lanciato il Programma Nazionale Scuola e Competenze 2021-2027 cofinanziato con una dotazione di € 3,8 miliardi dall’Unione Europea con fondi FESR e FSE+.
Il Programma Nazionale 2021-2027 (PN 21-27) prevede un significativo stanziamento di fondi per l’istruzione e la formazione in Italia.
In particolare, il Fondo Sociale Europeo Plus (FSE+) destina oltre 2,8 miliardi di euro per la formazione di studenti, personale scolastico e popolazione adulta.
Questi fondi saranno impiegati per promuovere la qualità dell’istruzione, favorire la transizione scuola-lavoro e potenziare le competenze digitali. Inoltre, il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) stanzia circa 960 milioni di euro per la realizzazione di laboratori e l’acquisizione di attrezzature digitali innovative. Questi investimenti sono rivolti alle scuole dell’infanzia, alle scuole del I e del II ciclo d’istruzione e ai Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti (CPIA) su tutto il territorio nazionale.
La strategia del programma sottolinea la necessità di migliorare la qualità, l’inclusività e l’efficacia dei sistemi di istruzione e formazione, rafforzando in particolare le competenze digitali e imprenditoriali. Si propone, inoltre, di promuovere l’uguaglianza nell’accesso all’istruzione e all’apprendimento permanente, in particolare per i gruppi svantaggiati, e di agevolare il riorientamento professionale e la mobilità.
In sintesi, il programma mira a raggiungere l’obiettivo prioritario di diminuire le disparità educativa a partire dal contrasto all’abbandono scolastico precoce; migliorare il livello di competenza tra i giovani; garantire infrastrutture per un’istruzione accessibile e inclusiva; rafforzare le competenze utili nel contesto dell’’innovazione digitale e della transizione ecologica; investire nella formazione dei docenti per innovare le metodologie didattiche; promuovere la mobilità sociale attraverso l’istruzione per contrastare le disparità economiche e sociali.
Una parte dei fondi europei è stata assegnata allo scopo di rafforzare la capacità amministrativa, anche attraverso misure di semplificazione, per garantire l’efficace attuazione del programma.
Tra le iniziative di maggior interesse per il rafforzamento dell’inclusività come asse per contrastare il fenomeno degli EL troviamo il progetto “Scuole aperte e partecipate”. Avviato in 14 città italiane, il progetto prevede l’apertura della scuola in orario extra-scolastico e promuove una visione della scuola come bene comune del territorio. La programmazione delle attività e la cogestione degli spazi è affidata a studenti o ex-studenti, genitori, cittadini del quartiere, enti del terzo settore, in una logica sussidiaria. L’obiettivo è generare una comunità educante, trasformando la scuola in un luogo di partecipazione sociale volta all’inclusione e alla creazione di legami sociali fondamentali per prevenire la dispersione scolastica e contrastare la povertà educativa.
Un ulteriore strumento è il “Patto educativo di comunità”, previsto all’interno del Piano scuola per il periodo 2020-2021 emanato dal Ministero dell’Istruzione nel 2020. Ancora attivo in molte realtà, il “Patto” è stato riconosciuto come un mezzo per consolidare rapporti tra le istituzioni scolastiche e le rispettive comunità locali. Nella sua essenza esso riconosce la scuola come istituzione vicina, aperta al dialogo e capace di creare legami sociali; la individua come luogo privilegiato di incontro e apprendimento culturale che mette in connessione competenze e saperi distinti; e la pone al centro dei processi di riqualificazione e rigenerazione degli spazi collettivi. La sua finalità, da un lato, è quella di combattere la multifattorialità della povertà e della dispersione scolastica, rafforzando l’offerta educativa con il coinvolgimento di stakeholder diversi (scuole, enti locali, università, centri per la formazione professionale, organismi culturali). Dall’altro lato, esso intende agire in un’ottica di empowerment secondo un approccio community based, mirato a riconoscerne la capacità educativa. Di fatto, il Patto si configura come concreto strumento di policy con focus sull’arricchimento formativo complementare al curricolo scolastico – anche utilizzando differenti tipologie di luoghi di pratica esterni alla scuola, come strade, piazze, parchi, teatri, biblioteche, cinema, musei per sperimentare proposte pedagogiche e metodologie come l’outdoor learning o il service learning, al fine di sviluppare l’osservazione e la scoperta del territorio. In questo modo si contribuisce anche a migliorare le competenze professionali di docenti e educatori attraverso un approccio partecipativo di valorizzazione delle esperienze e delle risorse. Basato sul principio di sussidiarietà e sulla condivisione delle responsabilità educative – “sapere fare con gli altri” – il Patto prevede che le autorità locali, le organizzazioni pubbliche e private, le scuole e il Terzo settore possano stipulare accordi specifici per la realizzazione di attività per gli studenti.
Queste alleanze inedite tra scuola e territorio costituiscono nuovi scenari educativi per un sistema formativo allargato (De Bartolomeis, 2018).
INDIRE (Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa) ha costituito nel 2021 un Osservatorio sui Patti educativi di comunità al fine di monitorare l’andamento delle sperimentazioni e soprattutto far emergere le best practices avviate nelle scuole italiane.
RISORSE
De Bartolomeis F. (2018). Fare scuola fuori dalla scuola. Aracne: Ariccia.
EUROSTAT (2023). Early leavers from education and training. Dati estratti: Maggio 2023. https://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php?title=Early_leavers_from_education_and_training
Osservatorio INDIRE Patti educativi territoriali
Programma Nazionale Scuola e Competenze 2021-2027
Programma Operativo Nazionale Scuola – Competenze e Ambienti per l’apprendimento 2014-2020
La Norvegia è tradizionalmente molto impegnata sul fronte del sistema educativo scolastico. Nel 2020, il paese scandinavo ha investito in istruzione il 6,8% del PIL (rispetto a una media dei paesi OECD del 5,1%)(OECD 2023).
Il sistema educativo norvegese è costruito su principi legati all’importanza della comunità (fellesskolen) e dell’unitarietà (enhetsskolen) intesa come inclusività (Tjeldvoll 2009 in Bjøru 2019). Questo approccio traspare in un modello scolastico che si muove a partire dall’intenzione di rivolgersi a tutti gli studenti, accogliendone le diverse provenienze e capacità.
Relativamente agli EL, il sistema scolastico norvegese prevede la non obbligatorietà dei 3 anni previsti per l’istruzione secondaria superiore, a cui hanno diritto tutti i discenti che abbiano completato il ciclo di 10 anni di scuola primaria. In questo quadro sono considerati EL tutti gli studenti che non hanno completato l’istruzione secondaria superiore entro un periodo di cinque anni (CEDEFOP 2022). Dalle recenti rilevazioni EUROSTAT (2023), il dato percentuale relativo alla popolazione tra i 18 e 24 anni considerata rientrante nella categoria degli EL è pari al 13,2%, un valore al di sopra della media europea di 3,6 punti percentuali.
Il relativo aumento del fenomeno negli ultimi anni – confermato anche dall’ultima rilevazione EUROSTAT – ha mosso i governi norvegesi ad intervenire sul tema a partire da tre elementi (Ministero della Pubblica Istruzione 2017):
- rafforzamento della scuola materna, con una particolare attenzione rivolta alle competenze di base come fattore centrale per prevenire l’abbandono scolastico;
- supporto agli studenti riconoscendo la fragilità mentale come uno degli elementi che determina l’abbandono scolastico;
- riconoscimento di una connessione tra abbandono scolastico e opportunità e servizi offerti al di fuori del contesto scolastico.
A partire da questi elementi, nel 2020 è stata avviata una riforma finalizzata, da una parte, a supportare il completamento del percorso scolastico dell’istruzione secondaria superiore da parte dei giovani, e, dall’altra, a migliorare la qualità dell’insegnamento, coinvolgendo la comunità di riferimento nella costruzione di percorsi che siano poi qualificanti e allineati all’offerta di lavoro del territorio.
La riforma (Ministero della Pubblica Istruzione, 2021) vede le seguenti direttrici:
– estendere la possibilità dei giovani e degli adulti di completare l’istruzione secondaria superiore considerato come diritto sostanziale della persona;
– rafforzare l’apprendistato al fine di fornire certificazioni professionali o un diploma;
– attivare collaborazioni con l’università per valutare ciò che è necessario affinché gli studenti si qualifichino e siano preparati per l’istruzione superiore;
– accogliere in maniera inclusiva ed equa tutti gli studenti, migliorando l’approccio verso gli studenti con disabilità;
– investire nell’apprendimento permanente degli adulti.
L’orientamento della riforma portata avanti dalla Norvegia incoraggia una logica multistakeholder che vede il coinvolgimento delle municipalità norvegesi in tavoli di lavoro in cui monitorare l’uso dei fondi pubblici e definire le misure più coerenti da adottare nei contesti locali. Il modello ha l’obiettivo di responsabilizzare gli operatori scolastici in termini sia di formazione che di creazione di sinergie con le università del proprio territorio.
Per quanto riguarda l’educazione non formale, questa è sostenuta dal sistema norvegese attraverso la gestione da parte della Direzione per l’infanzia, la gioventù e la famigliadi un programma nazionale di fondi volti a sostenere progetti della società civile che coinvolgono giovani vulnerabili a rischio di mancato completamento del ciclo d’istruzione. L’obiettivo è potenziare pratiche sociali e luoghi di incontro aperti alla partecipazione, ad attività di svago e di vacanza.
A questo titolo sono stati stanziati 664,4 milioni di corone norvegesi per progetti nuovi o esistenti (EACEA 2023).
In generale, la riforma norvegese adotta un orientamento particolarmente attento al tema dell’educazione, declinata in senso ampio. Muovendosi a partire dal riconoscimento dei fattori extra-scolastici come una delle cause del fenomeno degli EL, la riforma si muove in una logica bifocale: da una parte, si insiste sul miglioramento della qualità dell’insegnamento, anche nella previsione dell’orientamento post-scuola secondaria; dall’altra, si coinvolge la società civile e gli attori istituzionali locali nel creare un ambiente educativo stimolante nel supportare la crescita personale degli studenti.
RISORSE
Bjøru A. M. (2019). Upper secondary school in Norway: Discourses about dropout in white papers. Studia paedagogica vol. 24, n. 2, 2019 www.studiapaedagogica.cz https://doi.org/10.5817/SP2019-2-6
Cedefop, Norwegian Directorate for Higher Education and Skills (2022). Vocational education and training in Europe – Norway: system description [From Cedefop; ReferNet. Vocational education and training in Europe database]. https://www.cedefop.europa.eu/en/tools/vet-in-europe/systems/norway-u2
European Education and Culture Executive Agency (2023). Preventing early leaving from education and training (ELET) – Norway. Youth wiki – National Platform Policies.
EUROSTAT (2023). Early leavers from education and training. Dati estratti: Maggio 2023. https://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php?title=Early_leavers_from_education_and_training
EURYDICE (2023). National Reforms in School Education – NORWAY
Kunnskapsdepartementet [Ministero della Pubblica Istruzione] (2017). Meld. St. 21: Lærelyst – tidlig innsats og kvalitet i skolen [Libro bianco n. 21: Voglia di imparare – Impegno precoce e qualità nella scuola]. (2016–2017). Oslo: Kunnskapsdepartementet.
Kunnskapsdepartementet [Ministero della Pubblica Istruzione] (2021). Meld. St. til Stortinget [Comunicazione al Parlamento]: Fullføringsreformen– med åpne dører til verden og fremtiden [La riforma del completamento – con le porte aperte al mondo e al futuro]. Oslo: Kunnskapsdepartementet. [Data di approvazione: 26 marzo 2021]. Reperibile da https://www.regjeringen.no/no/dokumenter/meld.-st.-21-20202021/id2840771/
OECD (2023). “Norway”, in Education at a Glance 2023: OECD Indicators, OECD Publishing: Paris. DOI: https://doi.org/10.1787/d2886a6f-en
Tjeldvoll, A. (2009). Enhetsskolen [The comprehensive school]. In Store norske leksikon [The Norwegian Encyclopaedia]. Oslo: Foreningen SNL – Store norske leksikon [The SNL Foundation]. Reperibile da https://snl.no/enhetsskole
Fin dal 2013, le normative legate al contrasto del fenomeno degli Early Leavers (EL) vedono la promozione del coinvolgimento delle famiglie nel lavoro di prevenzione attraverso la formazione di team di lavoro formati da insegnanti e genitori.
Nel 2022, il governo francese ha abbassato l’avvio dell’obbligo scolastico – che termina al raggiungimento dei 16 anni – dai 6 ai 3 anni di età, seguendo un approccio che vede nell’inserimento nel ciclo scolastico fin dalla prima infanzia uno dei fattori di supporto e d’inclusione per prevenire la dispersione scolastica (Garnier 2020).
La strategia per ridurre gli EL si concentra prioritariamente sulla prevenzione, prima che sul recupero dei casi, e si articola in collaborazioni interministeriali e multistakeholder, che vedono il coinvolgimento delle Regioni (le cui competenze sull’abbandono scolastico sono state rafforzate), delle autorità locali, dell’associazionismo, fino alle famiglie degli alunni e i rappresentanti degli educatori.
La politica preventiva francese ha portato ad una diminuzione consistente del fenomeno, come riscontrabile dalle rilevazioni EUROSTAT (2023): nella percentuale di EL nella fascia di popolazione tra i 18 e i 24 anni la Francia raggiunge il 7,6%, mantenendosi al di sotto della media europea (9,6%).
Questa attività preventiva è condotta internamente alle scuole dai gruppi di prevenzione per l’abbandono scolastico (GPDS), formati dagli insegnanti e coordinati da un referente, il cui lavoro si articola attraverso l’utilizzo di dati estratti dal sistema interministeriale di scambio di informazioni (système interministériel d’échange d’informations, SIEI). Questo sistema consente di individuare gli abbandoni scolastici precoci sulla base dell’uso incrociato delle banche dati del Ministero dell’Educazione Nazionale e dei suoi partner (agricoltura, centri di formazione per apprendisti e occupazionali), nell’ambito di campagne annuali di identificazione. Il lavoro di follow-upe supporto dei giovani è legato ad una piattaforma (plateformes de suivi et d’appui aux décrocheurs, PSAD) utilizzata per contattare le persone identificate dal SIEI al fine di offrire loro – dopo un’intervista – soluzioni personalizzate per rientrare nel ciclo scolastico o in percorsi di formazione.
Il piano di prevenzione affida all’educazione formale e agli insegnanti un ruolo centrale per la posizione privilegiata nell’osservazione di casi di studenti vulnerabili. In questo senso, sono stati avviati a partire dal 2013 programmi volti a formare i docenti e sono state istituite figure esterne quali i “consiglieri per l’abbandono scolastico” che rispondono ai dirigenti scolastici. A supporto di questa misura che desidera costruire una alleanza tra studenti, famiglie e personale scolastico, investimenti ad hoc hanno permesso la attivazione di un corpo degli psicologi a supporto dell’educazione nazionale.
Altre misure che si muovono in questa medesima direzione sono:
- l’organizzazione di “alleanze educative” coordinate da professionisti nel campo educativo che hanno lo scopo di far dialogare gli stakeholder di riferimento, tra cui i genitori;
- l’adozione di spazi dedicati esclusivamente all’incontro con i genitori degli studenti, ed in particolare dei più vulnerabili;
- l’attuazione di un programma d’integrazione — il cosiddetto contratto di accoglienza e integrazione denominato “Parcours personnalisé d’intégration républicaine” (Legge 2016/274) — finalizzato a sviluppare l’acquisizione della lingua e l’inserimento nella società francese;
- fin dal 2010 è stata costruita una partnership tra il Ministero dell’educazione nazionale francese e la Fondation de France volta a promuovere iniziative per il contrasto all’abbandono scolastico.
In generale, le politiche francesi rispetto al tema, pur configurandosi in un quadro tradizionalmente centralista, si distinguono per l’intenzionalità connettiva tra scuola (con gli insegnanti supportati da risorse e strumenti in tal senso) e famiglia, da una parte, e, l’utilizzo dei big data in un’ottica interministeriale, che oltrepassa la logica dei “silos” tipica della pubblica amministrazione, dall’altra.
RISORSE
Ministère de l’éducation nationale et de la jeunesse (2020). Circulaire de rentrée
European Education and Culture Executive Agency (2021). Preventing early leaving from education and training (ELET) – France. Youth wiki – National Platform Policies.
EUROSTAT (2023). Early leavers from education and training. Dati estratti: Maggio 2023. https://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php?title=Early_leavers_from_education_and_training
EURYDICE (2023). National Reforms in School Education – FRANCE
Garnier P. (2020). L’obligation d’instruction dès l’âge de trois ans: un tournant dans l’histoire de l’école maternelle en France. Revue international de communication et socialisation, hal-03683722
OECD (2020), Education Policy Outlook: France. Available at: www.oecd.org/education/policy-outlook/country-profile-France-2020.pdf.
In Germania, il numero percentuale di Early Leavers (EL) rispetto alla fascia di popolazione tra i 18 e i 24 anni è del 12,2%, (contro la media europea di 9,6%).
Nel contrastare il fenomeno, il Paese non presenta una strategia integrata, quanto diverse azioni sia sul piano nazionale che regionale finalizzate a favorire il completamento del ciclo d’istruzione sia ai giovani che agli adulti.
A livello nazionale, le misure sono racchiuse all’interno della Initiative Bildungsketten (Initiative on Educational Chains) che vede il fulcro della sua azione nel supporto alla filiera dell’educazione a partire dall’orientamento fino alla transizione scuola-lavoro.
Avviata nel 2010 con chiusura prevista nel 2026, l’iniziativa è frutto di un lavoro interministeriale congiunto tra il Ministero Federale dell’Istruzione e della Ricerca, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e l’Agenzia Federale dell’Occupazione, in collaborazione con gli Stati federali. Obiettivo della collaborazione è la creazione di strumenti per aiutare i giovani a rimanere nell’alveo della scuola e a rafforzare le possibilità di tutti di ottenere un titolo di studio e un ingresso nel mondo del lavoro.
Seguendo un approccio ormai consolidato nel modello scolastico tedesco, il processo di orientamento professionale è condotto in modo sistematico e precoce per identificare le persone a rischio vulnerabilità e promuovere forme di sostegno per il conseguimento della qualifica scolastica.
Tra le principali misure si inserisce l’analisi del potenziale, un apprendimento dei propri punti di forza, che tutti gli studenti al 7° anno del ciclo scolastico devono sostenere, e i cui risultati possono supportare lo sviluppo dell’autonomia del discente e incoraggiarlo in un percorso scolastico adatto al potenziale espresso.
Non vanno poi dimenticate le diverse modalità di orientamento professionale offerte dal sistema duale tedesco, il quale prevede percorsi orientati alla pratica, come tirocini o sessioni laboratoriali, che si collegano ad attività rivolte a favorire la transizione scuola-lavoro a partire dal penultimo anno scolastico.
Interamente dedicata agli EL è l’iniziativa VerA, finanziata dal Ministero Federale dell’Istruzione e della Ricerca. Il programma prevede forme di coaching agli studenti nei percorsi di tirocinio da parte di professionisti in pensione che, a titolo volontario, sostengono i giovani in una visione intergenerazionale. VerA desidera valorizzare l’esperienza ed il saper fare dei senior mettendoli a servizio di chi per la prima volta si interfaccia con il mondo del lavoro.
In un approccio olistico al tema degli EL si muove l’iniziativa “Kita-Einstieg”. Avviato nel 2017 il programma prevede la promozione e il sostegno di progetti e approcci innovativi di supporto per l’ingresso ai servizi per l’infanzia (asili nido) per le famiglie immigrate o svantaggiate.
RISORSE
European Education and Culture Executive Agency (2022). Preventing early leaving from education and training (ELET) – Germany. Youth wiki – National Platform Policies.
EUROSTAT (2023). Early leavers from education and training. Dati estratti: Maggio 2023. https://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php?title=Early_leavers_from_education_and_training
OECD (2023). “Germany”, in Education at a Glance 2023: OECD Indicators. OECD Publishing,:Paris. DOI: https://doi.org/10.1787/d2886a6f-en
Nel 2022 la Danimarca presentava un numero percentuale di Early Leavers (EL) per la fascia di popolazione tra i 18 e i 24 anni del 10%, dato in linea con la media europea (9,6%) e in lieve peggioramento rispetto alle rilevazioni precedenti (EUROSTAT 2023).
A contrasto del fenomeno degli EL e del relativo aumento delle persone in condizione NEET, sono state avviate diverse iniziative aventi come priorità la promozione dell’istruzione e della formazione professionale (IFP) tra gli studenti. Va ricordato che il sistema danese di istruzione e formazione professionale è di tipo duale[1] e si caratterizza per un elevato livello di decentralizzazione (Eurydice 2023).
Questo orientamento si è tradotto in diverse misure e politiche, a partire dalla riforma del 2014 dell’istruzione e della formazione professionale, che ha introdotto quattro principali nuove aree tematiche, ognuna delle quali contiene un certo numero di programmi di IFP per rendere più attrattiva e facile e coerente la scelta di questo percorso per i giovani.
I corsi introdotti sono: i) cura, salute e pedagogia; ii) servizi amministrativi e commerciali; iii) cibo, agricoltura e turismo; iv) tecnologia, costruzioni e trasporti.
Inoltre, la riforma ha stabilito nuovi criteri di accesso per gli studenti ai percorsi formativi professionali. Gli studenti saranno ammessi solo al completamento della scuola dell’obbligo e al conseguimento di un voto minimo definito in lingua danese (o nella lingua d’insegnamento) e in matematica negli esami di maturità, oppure nel caso in cui lo studente abbia formalizzato un accordo di formazione presso un’impresa.
Il requisito di ammissione è applicabile sia ai giovani che agli adulti (Danish Ministry of Education 2014).
Questa iniziativa è stata costruita ad integrazione della misura del 2010, la quale prevedeva il rafforzamento delle competenze certificate (in particolare pedagogiche) necessarie per gli insegnanti di IFP. Sempre nel 2014, all’interno di un’ampia riforma del sistema di servizi sociali, è stata resa obbligatoria la partecipazione all’istruzione e alla formazione per i disoccupati sotto i 30 anni che ricevono prestazioni sociali.
Un maggior investimento nell’IFP è anche alla base dell’accordo tra governo e parti sociali “Better Paths to education and employement” del 2017. Quest’ultimo ha visto l’introduzione di nuovi percorsi formativi e l’implementazione di politiche mirate a migliorare l’attrattiva dell’IFP tra gli studenti (Cedefop 2021).
Per migliorare la qualità della formazione professionale sono state implementate linee di finanziamento atte a:
– costituire centri di ricerca e pool di esperti per migliorare la qualità dei corsi IFP
– stanziati maggiori finanziamenti per studenti che scelgono di specializzarsi attraverso percorsi IFP
– attivazione di un accordo tra governo, sindacati e imprese per aumentare e facilitare la possibilità di fare un’esperienza di apprendistato
Per quanto concerne il tema specifico degli EL, è previsto un sistema di monitoraggio delle assenze che in caso di necessità è preposto ad attivare i servizi comunali per supportare lo studente anche con il supporto di professionisti (Commissione europea et al. 2023). Inoltre, sono attive unità comunali intersettoriali responsabili di misure educative, sociali e occupazionali per giovani sotto i 25 anni. Queste unità offrono servizi di orientamento, prossimità e follow-up anche a giovani già occupati, nel caso in cui necessitino di un aiuto per completare l’istruzione secondaria superiore. Le iniziative portate avanti a livello locale per ridurre l’abbandono scolastico sono raccolte, coordinate e monitorate all’interno di un database nazionale che contiene le informazioni in merito all’istruzione, alla formazione e all’occupazione dei giovani.
RISORSE
Commissione europea, EACEA, Eurydice. (2023). Structural indicators for monitoring education and training systems in Europe – 2023: Early leaving from education and training. Eurydice report. Luxembourg: Publications Office of the European Union.
EUROSTAT (2023). Early leavers from education and training. Dati estratti: Maggio 2023. https://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php?title=Early_leavers_from_education_and_training
Cedefop (2021). Spotlight on VET – 2020 compilation: vocational education and training systems in Europe. Luxembourg: Publications Office. http://data.europa.eu/doi/10.2801/667443
EURYDICE (2023). Organisation of the Education System and of its Structure – Denmark.
Ministeriet for Børn, Undervisning og Ligestilling. (2017). Aftale om forberedende grunduddannelse. https://www.uvm.dk/-/media/filer/uvm/udd/fgu/2017/171115-fgu-aftaletekst.pdf
OECD (2023). “Denmark”, in Education at a Glance 2023: OECD Indicators. OECD Publishing: Paris. DOI: https://doi.org/10.1787/d2886a6f-en
I dati indicano per l’Italia un numero percentuale di Early Leavers (EL) nella fascia di popolazione tra i 18 e i 24 anni del 11,5%, contro una media europea del 9,6% (EUROSTAT, 2023).
Sull’onda del riconoscimento del fenomeno, il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha istituito una cabina di regia in tema di contrasto alla dispersione scolastica. Con specifici atti d’indirizzo, quest’ultima si è mossa per ridurre i fattori, soprattutto ambientali e di contesto, che generano dispersione.
L’ azione è stata rivolta in particolar modo ad alcuni territori italiani che maggiormente soffrono di diseguaglianze socioeconomiche, le quali comportano anche una deprivazione culturale, mentre favoriscono un maggior tasso di dispersione e abbandono scolastico.
A livello regionale, nel 2020 è stato approvato il “Piano di intervento per la riduzione dei divari territoriali in istruzione” rivolto a interventi focalizzati sul miglioramento dei risultati per le regioni Calabria, Campania, Sardegna e Sicilia.
Gli interventi di carattere nazionale sono invece contenuti nel Programma Operativo Nazionale per la Scuola, finanziato dai Fondi strutturali europei SIE – Competenze e ambiente di apprendimento 2014-2020. Il PON ha stanziato 2,8 miliardi, finanziando n. 52.343 progetti per la prevenzione e il recupero degli EL su tutto il territorio nazionale a favore di 8.000 istituti scolastici. Ciò ha previsto la formazione di più di 2 milioni tra studenti, docenti e adulti coinvolti nei processi educativi.
L’indirizzo degli investimenti messi a disposizione si formalizzano intorno a due assi: potenziare la qualità degli apprendimenti, da una parte, e l’inclusività della formazione, dall’altra.
Questi interventi si sono concretizzati attraverso diverse misure:
- l’ampliamento degli orari di apertura e delle attività offerte dalle scuole;
- il consolidamento di pratiche per una scuola “aperta”. Concepita intorno all’idea del civic center e perciò destinata non solo agli studenti, ma anche alla cittadinanza, la scuola viene considerata come un polo aggregativo per il territorio, così come luogo di promozione di eventi ed azioni anche rivolte alla prevenzione del disagio giovanile e al contrasto alla dispersione scolastica;
- il potenziamento della scuola dell’infanzia, per ampliare l’offerta e promuovere un accesso scolastico precoce;
- la predisposizione di spazi didattici adeguati all’idea di smart school per rispondere alle diverse esigenze architettoniche (si pensi, ad esempio, al tema dell’accessibilità delle aule scolastiche agli alunni con disabilità);
- il potenziamento dell’edilizia scolastica e le dotazioni tecnologiche per gli studenti.
Nel settembre del 2023 è stato lanciato il Programma Nazionale Scuola e Competenze 2021-2027 cofinanziato con una dotazione di € 3,8 miliardi dall’Unione Europea con fondi FESR e FSE+.
Il Programma Nazionale 2021-2027 (PN 21-27) prevede un significativo stanziamento di fondi per l’istruzione e la formazione in Italia.
In particolare, il Fondo Sociale Europeo Plus (FSE+) destina oltre 2,8 miliardi di euro per la formazione di studenti, personale scolastico e popolazione adulta.
Questi fondi saranno impiegati per promuovere la qualità dell’istruzione, favorire la transizione scuola-lavoro e potenziare le competenze digitali. Inoltre, il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) stanzia circa 960 milioni di euro per la realizzazione di laboratori e l’acquisizione di attrezzature digitali innovative. Questi investimenti sono rivolti alle scuole dell’infanzia, alle scuole del I e del II ciclo d’istruzione e ai Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti (CPIA) su tutto il territorio nazionale.
La strategia del programma sottolinea la necessità di migliorare la qualità, l’inclusività e l’efficacia dei sistemi di istruzione e formazione, rafforzando in particolare le competenze digitali e imprenditoriali. Si propone, inoltre, di promuovere l’uguaglianza nell’accesso all’istruzione e all’apprendimento permanente, in particolare per i gruppi svantaggiati, e di agevolare il riorientamento professionale e la mobilità.
In sintesi, il programma mira a raggiungere l’obiettivo prioritario di diminuire le disparità educativa a partire dal contrasto all’abbandono scolastico precoce; migliorare il livello di competenza tra i giovani; garantire infrastrutture per un’istruzione accessibile e inclusiva; rafforzare le competenze utili nel contesto dell’’innovazione digitale e della transizione ecologica; investire nella formazione dei docenti per innovare le metodologie didattiche; promuovere la mobilità sociale attraverso l’istruzione per contrastare le disparità economiche e sociali.
Una parte dei fondi europei è stata assegnata allo scopo di rafforzare la capacità amministrativa, anche attraverso misure di semplificazione, per garantire l’efficace attuazione del programma.
Tra le iniziative di maggior interesse per il rafforzamento dell’inclusività come asse per contrastare il fenomeno degli EL troviamo il progetto “Scuole aperte e partecipate”. Avviato in 14 città italiane, il progetto prevede l’apertura della scuola in orario extra-scolastico e promuove una visione della scuola come bene comune del territorio. La programmazione delle attività e la cogestione degli spazi è affidata a studenti o ex-studenti, genitori, cittadini del quartiere, enti del terzo settore, in una logica sussidiaria. L’obiettivo è generare una comunità educante, trasformando la scuola in un luogo di partecipazione sociale volta all’inclusione e alla creazione di legami sociali fondamentali per prevenire la dispersione scolastica e contrastare la povertà educativa.
Un ulteriore strumento è il “Patto educativo di comunità”, previsto all’interno del Piano scuola per il periodo 2020-2021 emanato dal Ministero dell’Istruzione nel 2020. Ancora attivo in molte realtà, il “Patto” è stato riconosciuto come un mezzo per consolidare rapporti tra le istituzioni scolastiche e le rispettive comunità locali. Nella sua essenza esso riconosce la scuola come istituzione vicina, aperta al dialogo e capace di creare legami sociali; la individua come luogo privilegiato di incontro e apprendimento culturale che mette in connessione competenze e saperi distinti; e la pone al centro dei processi di riqualificazione e rigenerazione degli spazi collettivi. La sua finalità, da un lato, è quella di combattere la multifattorialità della povertà e della dispersione scolastica, rafforzando l’offerta educativa con il coinvolgimento di stakeholder diversi (scuole, enti locali, università, centri per la formazione professionale, organismi culturali). Dall’altro lato, esso intende agire in un’ottica di empowerment secondo un approccio community based, mirato a riconoscerne la capacità educativa. Di fatto, il Patto si configura come concreto strumento di policy con focus sull’arricchimento formativo complementare al curricolo scolastico – anche utilizzando differenti tipologie di luoghi di pratica esterni alla scuola, come strade, piazze, parchi, teatri, biblioteche, cinema, musei per sperimentare proposte pedagogiche e metodologie come l’outdoor learning o il service learning, al fine di sviluppare l’osservazione e la scoperta del territorio. In questo modo si contribuisce anche a migliorare le competenze professionali di docenti e educatori attraverso un approccio partecipativo di valorizzazione delle esperienze e delle risorse. Basato sul principio di sussidiarietà e sulla condivisione delle responsabilità educative – “sapere fare con gli altri” – il Patto prevede che le autorità locali, le organizzazioni pubbliche e private, le scuole e il Terzo settore possano stipulare accordi specifici per la realizzazione di attività per gli studenti.
Queste alleanze inedite tra scuola e territorio costituiscono nuovi scenari educativi per un sistema formativo allargato (De Bartolomeis, 2018).
INDIRE (Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa) ha costituito nel 2021 un Osservatorio sui Patti educativi di comunità al fine di monitorare l’andamento delle sperimentazioni e soprattutto far emergere le best practices avviate nelle scuole italiane.
RISORSE
De Bartolomeis F. (2018). Fare scuola fuori dalla scuola. Aracne: Ariccia.
EUROSTAT (2023). Early leavers from education and training. Dati estratti: Maggio 2023. https://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php?title=Early_leavers_from_education_and_training
Osservatorio INDIRE Patti educativi territoriali
Programma Nazionale Scuola e Competenze 2021-2027
Programma Operativo Nazionale Scuola – Competenze e Ambienti per l’apprendimento 2014-2020