in questo capitolo:
INTRODUZIONE
Partecipare ed esprimersi: la centralità delle reti sociali e della fiducia
Il livello di partecipazione politica e sociale esprime il grado di vitalità e dinamicità di una società attraverso le modalità dei suoi cittadini di esprimersi, prendere parte e contribuire. Partendo dalla prospettiva per cui i soggetti sono maggiormente predisposti a dare il proprio contributo laddove esista un legame, la partecipazione si caratterizza per la sua interconnessione con la varietà, qualità e significatività delle reti sociali e il livello di fiducia – tra i soggetti e nelle istituzioni – presenti nel contesto. ESPANDI
PRINCIPALI EVIDENZE
In Italia la partecipazione elettorale si avvicina sempre di più ai trend negativi europei
Come emerge dall’Indagine sugli aspetti della vita quotidiana dell’ISTAT riferita al 2021, in Italia la percentuale sul totale delle persone dai 14 anni in su che svolgono almeno una attività di partecipazione civica e politica2 Le attività considerate sono: parlare di politica almeno una volta a settimana; informarsi dei fatti della politica italiana almeno una volta a settimana; partecipare online a consultazioni o votazioni su problemi sociali (civici) o politici (es. pianificazione urbana, firmare una petizione) almeno una volta nei 3 mesi precedenti l’intervista; esprimere opinioni su temi sociali o politici attraverso siti web o social media almeno una volta nei 3 mesi precedenti l’intervista. è molto più elevata al Centro e al Nord. A livello territoriale, si osserva un minimo del 49,1% in Calabria, e un massimo di 72,2% in Trentino-Alto Adige (figura 1). Se presentano un miglioramento rispetto agli anni pre-pandemia, in particolare al Sud e al Centro, i dati ritraggono ancora un’Italia dal civismo frammentato, condizionato da fattori economico-sociali che bloccano la possibilità, ed anche il desiderio, di partecipare proattivamente per mutare la propria condizione. Il livello di partecipazione politica si rispecchia nei dati della partecipazione elettorale – rappresentata dalla percentuale di persone che hanno votato alle ultime elezioni del Parlamento europeo sul totale degli aventi diritto – che ottiene però percentuali più basse, con un punto minimo del 36,3% della Sardegna ed un punto massimo del 67,7% dell’Umbria (figura 2). Il dato nazionale italiano totale (54,5%) rappresenta non solo una tendenza negativa rispetto al passato, ma manifesta sempre più un avvicinamento alla discendente media europea (50,66%)3 Il calo della partecipazione elettorale non è un fatto solo italiano, ma una tendenza che caratterizza ormai la maggior parte dei Paesi democratici, come dimostrato anche dai dati sull’affluenza alle ultime elezioni europee. Vedi per approfondimento i dati sull’affluenza alle urne per l’elezione al parlamento europeo disponibili al seguente link: https://www.europarl.europa.eu/election-results-2019/it/affluenza/..
Cresce il calo della fiducia nelle istituzioni e tra le persone
L’astensionismo è connesso al calo della fiducia trasversale che caratterizza la società europea e italiana. Secondo i dati dell’indagine ad hoc dell’European Union Statistics on Income and Living Conditions (EU-SILC) riferiti al 2018, in una scala da 0 a 10, la percezione sulla fiducia generale nella politica italiana da parte dei cittadini è pari al 2,1, dato inferiore rispetto alla, seppur gravemente insufficiente, media europea del 3,5 (figura 3).
Sempre a livello istituzionale troviamo una bassa fiducia nel sistema giudiziario (IT: 3,6; UE 4,5), mentre con il punteggio medio di 5,8 il livello di fiducia verso la polizia rimane nella media UE (5,9) (figura 4 e figura 5). Seppure in lieve miglioramento, i dati4 I dati sono riconducibili alla rilevazione dell’ISTAT Indagine sugli Aspetti della vita quotidiana del 2021 attribuiti sempre su scala da 0 a 10. sono lo specchio di una forte sfiducia nei confronti delle istituzioni che permane e caratterizza in egual modo l’intera penisola, in particolare riguardo i partiti (3,3), il parlamento (4,6) e la giustizia (4,8) (figura 6, figura 7 e figura 8).
La sfiducia “fotografata” dai dati deriva non solo da ragioni legati al cambiamento delle relazioni tra i cittadini ma anche dalla percezione di questi del perpetrarsi di pratiche di incuria da parte delle istituzioni che “sfaldano” il legame fra queste e cittadini. Infatti, come dimostrato dall’European Quality of Goverment Index (Charron et Al., 2022) costruito dall’Università di Göteborg per la Commissione Europea, basato sul livello percepito dai cittadini sulla qualità dei servizi pubblici e sulla presenza di corruzione, vede l’Italia – insieme ai Paesi dell’Europa meridionale – al di sotto della media UE come punteggio, con numeri molto negativi in particolare nelle regioni del Sud Italia (figura 9).
Se il livello di fiducia nelle istituzioni politiche costituisce una determinante nel funzionamento delle società democratiche, la sfiducia rappresenta un grande sfida non solo per la politica e le istituzioni del nostro continente: i dati raccolti riflettono la percezione di una sfiducia crescente anche nei confronti degli altri da sé. Tanto la media europea che quella italiana nella “fiducia negli altri” si trova al di sotto della sufficienza (figura 10)5 Secondo i dati EU SILC 2018, in una scala da 0 a 10: IT: 5,7; UE: 5,8. Una tendenza confermata in Italia dai dati Istat sull’Indagine degli aspetti della vita quotidiana del 2021, dove emerge un livello di fiducia generalizzata al di sotto del 40%, con percentuali più basse al Sud rispetto al Nord6 I dati sono riconducibili alla rilevazione dell’ISTAT Indagine sugli Aspetti della vita quotidiana del 2021. (figura 11).
La fiducia ha una natura relazionale. I dati segnalano che il livello di soddisfazione percepita per le reti sociali informali, rapporti amicali e familiari, incominciano a erodersi lentamente: se nel 2019, i “molto soddisfatti” delle proprie relazioni familiari erano il 33,4%, nel 2021 sono il 31,6% mentre per i rapporti amicali nel 2019 erano al 23,0% e nel 2021 sono al 18,7% (figura 12, figura 13, figura 14)7 I dati sono riconducibili alla rilevazione dell’ISTAT Indagine sugli Aspetti della vita quotidiana del 2021..
Colpisce il dato EU SILC rilevato nell’indagine su scala europea ad hoc del 2015 che sembra smentire gli stereotipi sul nostro Paese: rispetto alla percentuale di persone che hanno qualcuno a cui chiedere aiuto8 L’indicatore riporta la percentuale di persone di 14 anni e più che hanno dichiarato di avere parenti non conviventi (oltre ai genitori, figli, fratelli, sorelle, nonne, nipoti), amici o vicini su cui contare sul totale delle persone di 14 anni e più. l’Italia si trova all’ultimo posto (IT: 87,2; UE: 94,5) (figura 15). In particolare, a soffrire maggiormente sono gli anziani, le persone con un grado minore di istruzione e gli abitanti delle aree rurali (figura 16, figura 17 e figura 18). A livello territoriale italiano, i dati sull’Indagine degli aspetti della vita quotidiana, ritraggono una percentuale percepita su quest’ambito maggiore al Nord rispetto al Sud Italia (figura 19)9 Quest’ultimo dato ci porta a riflettere rispetto all’assenza di automatismi nella creazione del legame sociale; in un contesto sempre più caratterizzato dall’isolamento del soggetto, la relazionalità non può essere data per scontata ma ha bisogno di spazi e contesti di senso che lascino campo al desiderio delle persone di stare insieme per costruire identità aperte all’altro da sé..
Volontariato in discesa e contrazione delle donazioni. Mancanza di interesse e ragioni economiche sono tra le principali ragioni della mancata partecipazione ad attività sportive e culturali degli italiani
La partecipazione ad attività culturali e sociali rappresenta una possibilità di alimentare il dinamismo di una società attraverso il miglioramento della qualità di vita dei cittadini, in particolare dei più marginalizzati. Il contesto qui ritratto vede l’Italia con una media di partecipazione ad attività culturali o sportive più bassa rispetto agli altri Paesi membri, un dato che diminuisce con il salire dell’età, aumenta con il grado di istruzione, ed è più alta nei centri urbani (figura 20, figura 21, figura 22 e figura 23).
Le motivazioni che spingono gli individui a non partecipare sono la mancanza d’interesse, in particolare tra gli uomini, e le ragioni economiche, in maniera preponderante tra i giovani (figura 24, figura 25 e figura 26). In Italia, il dato territoriale riflette una maggiore propensione a partecipare al Nord e al Centro rispetto al Sud10Questi elementi restituiscono alcuni blocchi per i possibili effetti dinamici prodotti dalla partecipazione e che hanno la radice, anche, nella responsabilità e nella cura del contesto culturale ed economico di un paese. (figura 27).
Per quanto riguarda il mondo della partecipazione civica, in Italia, la percentuale di persone che svolgono attività di volontariato, è più bassa rispetto alla media europea sia in termini formali che informali (figura 28)11 In termini formali (IT: 12; UE 18,9), in termini informali (IT:11,2; UE: 22,5).. Da quanto emerge a livello territoriale, in linea con quanto fin qui emerso a livello di frammentazione, il Sud vede un grado di partecipazione molto minore rispetto al Nord (figura 29). Osservando la serie temporale dal 2005 al 202112 I dati sono riferiti a Indagine sugli Aspetti della vita quotidiana dell’ISTAT. (figura 30), la partecipazione ad attività di volontariato in Italia ha iniziato a contrarsi uniformemente in tutto il territorio a partire dal 2018; se nel 2020, nonostante la pandemia, il livello era rimasto pressoché stabile rispetto al 9,8% del 2019, colpisce il calo della partecipazione registrato nel 2021 che tocca il minimo della serie storica con il 7,3%.
Come segnalato nel Rapporto BES (ISTAT, 2021), tra il 2020 e il 2021 si è ridotta la percentuale di persone che hanno fatto donazioni verso associazioni e organizzazioni non profit, raggiungendo i valori più bassi di tutta la serie storica disponibile. Questa tendenza emerge anche dai dati del monitoraggio “Italiani Solidali” di BVA DOXA riferita al2020 e contenuto all’interno dell’Osservatorio sul Dono del 2021 (IID, 2021); in particolare osserviamo come la percentuale di intervistati che dichiarava di fare almeno una donazione informale sia diminuito dal 41% del 2019 al 33% del 2020 (figura 31). Questo dato, influenzato sicuramente dalle restrizioni dovute all’emergenza sanitaria che hanno limitato le occasioni di socialità appare in linea con un trend (a partire dal 2018) di aumento di intervistati che dichiarano di non compiere alcuna donazione, come dimostra l’alta percentuale del 64% raggiunta nel 2020 (figura 32).
Il rischio dell’autoesclusione tra i giovani
Il rapporto tra giovani e politica costituisce un tema centrale per il futuro della democrazia.
L’inclinazione negativa dei giovani nei confronti della partecipazione politica, in particolar modo elettorale, è ben rappresentata dai dati dell’European Parliament Youth Survey di Ipsos riferiti al 2021; da questi emerge come, nonostante i giovani europei comprendano l’importanza del voto per essere un buon cittadino (IT: 8,1; UE: 7,7) (figura 33), l’astensione dalle urne è esercitata da più delle metà degli intervistati (IT: 50,4%; UE: 46,1%) (figura 34).
Se nei motivi per il non voto la mancanza d’interesse è maggiore nella media europea rispetto all’Italia, la percezione di non essere ascoltati da parte dei decisori politici è maggiore in Italia rispetto alla media europea (figura 35 e figura 36). Questo dato è interessante, perché ai giovani italiani intervistati, a mancare non è la volontà di interessarsi ai temi pubblici, visto il più basso grado di risposta “mai” alla domanda “quanto spesso discuti di tematiche politiche/sociali” rispetto ai pari età europei (IT: 11%; UE:13%) (figura 37).
Dall’altra parte, le forme di partecipazione “virtuale” tra i giovani sia a livello della creazione di contenuti politici nei social network sia a livello simbolico, come l’uso di hashtag e immagini di profilo, appaiono sempre più una modalità di espressione utilizzata per la loro immediatezza e per la loro capacità di connettere al di fuori dei canali tradizionali più persone intorno a un determinato tema (figura 38 e figura 39). I più giovani, come dimostrato negli ultimi anni dalla questione climatica, portano avanti temi e forme di partecipazione che non sono colte dalla politica appieno. Se le forme tradizionali della politica come la protesta in piazza o la partecipazione a organizzazioni giovanili siano poco più “vive” in Italia rispetto alla media europea (figura 40 e figura 41), oggi ci troviamo di fronte a un capitale partecipativo che rischia di disperdersi nell’esclusione, o auto-esclusione, come dimostrato dal basso livello di partecipazione elettorale e dal fatto che sia i giovani che le questioni a loro care siano rappresentate nell’agone politico raramente13 Appare dunque necessario rivolgere una maggiore cura verso i più giovani, specie negli ambiti periferici, creando contesti e occasioni di partecipazione dove i soggetti possano costruire quelle fondamentali competenze sociali per dare il loro contributo. Riprendendo le note iniziali, appare evidente come per la costruzione di forme partecipative sia oggi fondamentale rinsaldare il rapporto di fiducia tra istituzioni e persone a partire da spazi legati alla partecipazione sociale e al civismo, che possono generare legame sociale. Questo processo, per nulla semplice e immediato, deve partire dalla cura dei luoghi e dello spazio pubblico da parte delle istituzioni, favorendo l’abilitazione dei soggetti nel costruire luoghi, realtà e soggetti capaci di offrire proposte culturali, di vita e di partecipazione che rigenerino le reti sociali e il rapporto tra le istituzioni e i soggetti per contrastare le crescenti diseguaglianze nel capitale sociale che emergono dai dati qui presentati..
POLICY
Il “Servizio civile universale italiano” – una policy strutturale per l’attivazione partecipativa dei giovani
Il tema delle politiche volte all’attivazione partecipativa è connesso al delicato rapporto tra la volontà degli individui e le possibilità, contestuali e di varia natura, di partecipare. Nella prospettiva di costruire legame sociale e rafforzare la relazione tra cittadini, in particolare i più giovani, e le istituzioni l’attivazione partecipativa rappresenta uno strumento per favorire e abilitare le competenze sociali fondamentali nel prevenire fenomeni di autoesclusione, promuovere spazi di dialogo intergenerazionale e inclusione sociale (OECD, 2021).
Nel panorama europeo una forma di policy che abbia nella sua intenzionalità delle caratteristiche strutturali d’intervento in tal senso è riconoscibile nella politica giovanile del “Servizio civile universale italiano”, che si distingue per la sua capacità di collegare uno strumento di attivazione e di “servizio” alla dimensione della formazione dando così la possibilità ai giovani di fare esperienze esplorative, nel contesto dell’economia sociale, dei propri talenti e del mondo del lavoro.
Breve Descrizione della Policy
Il Servizio civile universale rappresenta il principale programma in Italia per la promozione dei valori della solidarietà e della partecipazione sociale accessibile ai giovani da 18 a 28 anni. All’interno dell’ampio quadro della riforma del Terzo settore, il Servizio civile universale (Dlgs. 40/2017) ha riformato il precedente “Servizio Civile Nazionale” del 2001, che aveva inquadrato il servizio civile al di fuori delle disposizioni alternative o sostitutive della leva obbligatoria (M. Ambrosini e A. Cossetta, 2022).
Gli attori coinvolti sono principalmente organizzazioni dell’economia sociale, ed in particolare modo associazioni di volontariato, che prestano attività in diversi ambiti dall’assistenza sociale alla protezione civile fino all’agricoltura nelle aree montane e alla promozione della pace. Nel solo 2021 hanno avviato la loro esperienza di Servizio civile Universale 11.352 giovani mentre per il 2022 sono stati resi disponibili più di 64mila posti (CNSEC, 2022).
Il Servizio civile universale promuove esperienze di partecipazione e cittadinanza attiva tra i giovani e prevede:
- specifiche forme di accreditamento per le organizzazioni;
- un rimborso spese per i partecipanti;
- la promozione della formazione;
- la certificazione delle competenze acquisite;
- la possibilità di fare richiesta di tre mesi di tutoring per facilitare l’accesso al mercato del lavoro;
- la possibilità di passare tre mesi dislocati in organizzazioni dell’economia sociale di un paese membro dell’Unione Europea.
Ad indicazione della portata strutturale della policy, a partire dal 2015, il governo italiano – primo in Europa – ha connesso il Servizio Civile al tema dell’occupabilità inserendolo nelle misure all’interno del programma “Garanzia Giovani”, e registrando, nell’indagine condotta da INAPP del 2017, un “indice di occupabilità” incrementato del 12% per i partecipanti al bando (F. De Luca e S. Ferri, 2021) al netto dei background di partenza. Pertanto, il Serviizo civile universale, nelle intenzioni dei policy maker, stimolando la cittadinanza attiva e puntando sulle competenze di cittadinanza, diventa uno strumento per favorire l’occupabilità e l’occupazione dei più giovani a partire dal coinvolgimento sociale.
Questo orientamento è stato confermato e incentivato all’interno del PNRR predisponendo un finanziamento di 650 milioni di euro all’interno della Missione 5 (Occupazione e inclusione) con l’obiettivo di rafforzare il Servizio Civile Universale per raggiungere i seguenti benefici:
- migliorare la formazione per i giovani e aumentare il capitale umano
- incrementare il numero di servizi di pubblica utilità
- aumentare l’occupabilità e l’occupazione dei più giovani14Per approfondimenti vedi https://italiadomani.gov.it/it/Interventi/investimenti/servizio-civile-universale.html
La misura è articolata su tre cicli di durata biennale, ed è volta a stabilizzare gli operatori volontari e promuovere, in linea con le raccomandazioni europee, l’acquisizione di competenze per l’apprendimento permanente.
Il Servizio civile universale rappresenta un’esperienza formativa che si può considerare, metaforicamente, come un ponte tra cittadinanza attiva e dimensione lavorativa. Per quanto sia interamente da ricollegare all’interno della cittadinanza attiva e non ad un’attività professionale, dà la possibilità ai giovani di esplorare e valorizzare i propri talenti in una dimensione, quella dell’economia sociale, lavorativa.
La possibilità per i giovani, in particolare più fragili o Neet, di fare reali esperienze di senso e al tempo stesso approcciarsi al mondo del lavoro può far scaturire effetti positivi e pluridimensionali a partire dal tema della riattivazione del legame sociale fino ad arrivare all’occupabilità e all’apprendimento di competenze. Inoltre, può diventare occasione per molte realtà dell’economia sociale di aprirsi, nella prospettiva del ricambio generazionale, coinvolgendo giovani che possono in talune circostanze ridare vitalità e dinamismo a queste organizzazioni.
Il Servizio civile così definito è uno strumento in cui possiamo intravedere un potenziale davvero universale per educare alla dimensione sociale e di appartenenza a una comunità.
RISORSE
Ambrosini, M. e Cossetta, A. (2022). Il nuovo servizio civile universale. La meglio gioventù in azione. Il Mulino, Bologna.
Ascoli, U. e Campedelli, M. (2021). Insostituibilità, riconoscenza, integrazione funzionale: la parabola del Terzo Settore nella pandemia, in “Politiche Sociali, Social Policies” 2/2021, pp. 369-388.
Bauman, Z. (1999). La solitudine del cittadino globale. Feltrinelli, Milano.
Charron, N., Bauhr, M. e Lapuente (2022). Measuring the Quality of Government at the Sub-National Level and Comparing Results with Previous Studies: Final Technical Report & Select Case Studies in Spain and Poland. European Commission, Bruxelles.
Conferenza Nazionale Enti per il Servizio Civile (2022). XX Rapporto CNESC – Anno 2020. CNESC, Roma.
Cotta, M. (1979). Il concetto di partecipazione politica: linee di un inquadramento teorico. Rivista italiana di scienza politica, 9, 2, pp. 193-227.
De Luca, F. e Ferri, S. (2021). Gli effetti del Servizio Civile sull’occupabilità dei giovani. Una stima tramite Statistical Matching. Working Paper, INAPP, Roma.
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OECD (2021). The Updated OECD Youth Action Plan Building Blocks for Future Action. OECD Library, Paris.
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Putnam, R. D. (2000). Capitale sociale e individualismo. Crisi e rinascita della cultura civica in America. Il Mulino, Bologna.
Reda, V. (2021), Andamento delle donazioni informali degli italiani, nel perdurare del contesto pandemico in Istituto Italiano della Donazione, Osservatorio sul Dono – Noi Doniamo edizione 2021.
Sennett, R. (2016). L’uomo flessibile. Le conseguenze del capitalismo sulla vita personale. Feltrinelli, Milano.