in questo capitolo:
INTRODUZIONE
Un traghettamento non più rinviabile verso un nuovo modello di sviluppo. Dalla produzione alla rigenerazione
La questione ecologica è centrale nel ridefinire gli equilibri necessari a costruire una società sostenibile nel prossimo futuro. In questo senso, l’attuale fase storica può essere pensata nei termini di “transizione ecologica” nella misura in cui essa si orienta al compimento di un traghettamento non più rimandabile: quello da un modello di sviluppo estrattivo nella relazione con gli esseri umani, l’ambiente e la natura, ad uno sostenibile e contributivo. ESPANDI
PRINCIPALI EVIDENZE
L’Italia è tra i Paesi più performanti per produttività delle risorse. Meno convincenti sono i risultati sul fronte dell’utilizzo di fonti rinnovabili
L’Italia risulta capace di far fruttare e rendere in modo efficace le risorse che ha a disposizione.
Ciò rappresenta un elemento di positività all’interno del sistema economico e produttivo nazionale.
In particolare, per quanto riguarda la produttività delle risorse, ossia il rapporto tra PIL (a parità di potere d’acquisto, PPS) e il consumo interno di materiali, e quindi il PIL generato per unità di risorse utilizzate dall’economia, l’Italia si pone tra i Paesi meglio performanti (figura 1).
Relativamente all’utilizzo delle fonti rinnovabili, invece, l’Italia è in linea con la media dei Paesi europei (figura 2).
In particolare, la quota di energia rinnovabile sul consumo finale lordo di energia è del 20%, rispetto al 22% della media UE (figura 3). Da segnalare come la quota di energia rinnovabile utilizzata in Italia sia in crescita dal 2019, coerentemente rispetto alla tendenza europea.
L’energia elettrica in Italia proviene da fonti diversificate e la percentuale proveniente da fonti rinnovabili varia da regione a regione (figura 4). Le regioni con tale percentuale maggiore sono la Valle d’Aosta, il Trentino-Alto Adige, la Basilicata, il Molise e la Calabria.
Un’attenzione crescente nella riduzione della produzione di inquinamento e rifiuti
È importante sottolineare la relazione esistente tra ambiente naturale ed essere umano in termini di salute: il benessere delle persone è strettamente legato alla condizione dell’ambiente in cui vivono (Agenzia europea dell’ambiente,2018).
L’inquinamento è all’origine di diversi danni all’ambiente e alla salute umana.
In particolare, l’inquinamento dell’aria risulta essere il rischio ambientale principale per la salute in Europa (Ibidem).
Rispetto al tema dell’inquinamento dell’aria, il territorio italiano presenta dati simili a quelli della media dei Paesi europei (figura 5). Con riferimento all’indicatore che misura la quantità di PM104 Materiali particolati aerodispersi di diametro inferiore o uguale a 10 micron., in rapporto al numero di abitanti, l’Italia registra un dato che risulta migliore, evidenziando delle differenze territoriali interne tra le regioni. La concentrazione media annua di PM10 risulta infatti essere molto maggiore nel Nord Italia, in particolare in Trentino-Alto Adige e in Lombardia (figura 6). Una situazione analoga si riscontra rispetto alla quantità di PM2,55 Materiali particolati aerodispersi di diametro inferiore o uguale a 2,5 micron. prodotta, che risulta essere leggermente migliore al dato europeo nel territorio italiano (figura 7), e al cui interno mostra differenze regionali, ancora una volta evidenziando una maggior produzione di inquinamento al Nord-Italia e in particolare in Trentino-Alto Adige e Lombardia (figura 8).
L’Italia produce inoltre risultati superiori alla media europea rispetto all’emissione di gas serra pro-capite (tonnellate CO2 equivalente pro capite) (figura 9). L’Intensità di emissioni di gas serra per consumo unitario di energia sul territorio italiano risulta in linea con la media europea, con un dato leggermente inferiore (figura 10).
Per quanto concerne la produzione di rifiuti, il territorio italiano presenta un dato vicino a quello della media dei Paesi europei, anche se di poco inferiore, relativamente alla produzione municipale di rifiuti pro-capite (figura 11). Si riscontra invece un dato poco superiore alla media EU nella Produzione di rifiuti esclusi i principali rifiuti minerali per unità di PIL (figura 12).
Infine, l’Italia presenta una maggiore quota di produzione di rifiuti esclusi i principali rifiuti minerali sul consumo interno di materiali rispetto ai dati medi europei (figura 13).
Un Paese capofila nel riciclo e nell’utilizzo di materia circolare in un contesto globale di consumo crescente
Il consumo mondiale dei materiali continua a crescere in modo insostenibile: l’umanità trasforma in scarti più del 90% di tutto quello che usa. Dal 2015 al 2021 il consumo di materiali è cresciuto più della crescita della popolazione e poco meno della crescita annua del PIL mondiale.
Nello scenario business as usual, entro il 2050 la produzione annuale di rifiuti crescerà del 70%, mentre il consumo globale di materiali come biomassa, combustibili fossili, metalli e minerali raddoppierà entro il 2060 (Rapporto sull’Economia Circolare in Italia, 2022).
Rispetto a questo tema, l’Italia, oggi, ben si posiziona a livello europeo: nel 2020 in Unione europea il tasso di utilizzo di materia proveniente dal riciclo è stato pari al 12,8%, mentre in Italia è arrivata al 21,6%, oltre 8 punti percentuali superiore alla Germania 13,4% (figura 14).
Inoltre, il nostro Paese risulta essere uno dei maggiori importatori di materie prime riciclabili all’interno dell’Unione europea (figura 15).
Tra le statistiche da evidenziare sul tema dell’utilizzo dei rifiuti vi sono quelle relative al tasso di riciclaggio, che, per quasi tutte le tipologie di rifiuti, tranne quelli digitali, è superiore in Italia rispetto alla media EU (figura 16, figura 17, figura 18 e figura 19). In Italia, dunque, vengono riciclati gli scarti in percentuale maggiore che per la media dei Paesi europei.
Anche in questo caso il territorio italiano presenta delle differenze regionali interne. In particolare, le regioni che svolgono la percentuale maggiore di Raccolta Differenziata dei Rifiuti Urbani sono il Trentino, il Veneto, la Sardegna e la Lombardia (figura 20). Le regioni che, invece, raccolgono la maggior quantità di Rifiuti urbani sono l’Emilia-Romagna, la Toscana e la Valle d’Aosta (figura 21).
Competitività e innovazione sull’economia circolare tra investimenti crescenti e pochi brevetti
Negli ultimi anni gli investimenti specifici nell’economia circolare sono cresciuti: in particolare, il numero di fondi quotati con un focus esclusivo, così come sono aumentati gli asset gestiti da questi fondi. Un aumento è avvenuto altresì nel mercato del debito: più di 35 bond sono stati emessi da società e stati per finanziare attività circolari dall’inizio del 2019 (L. Dal Fabbro, 2022).
In aggiunta, l’economia circolare risulta in grado di portare a maggiori ritorni finanziari oltre ad essere utile come strumento per la riduzione del rischio (Università Bocconi et al., 2021).
Sempre nello studio condotto da Bocconi, Ellen Mac Arthur Foundation e Intesa San Paolo emerge come investire nell’economia circolare può anche portare a maggiori ritorni finanziari aggiustati per il rischio; infatti, secondo l’analisi maggiori livelli di circolarità portano a performance azionarie migliori nelle società quotate in Europa.
Rispetto a competitività e innovazione nel campo dell’economia circolare i dati italiani sono positivi, in linea con la media EU o superiori, relativamente a reddito lordo, investimenti e occupazione.
Nello specifico, l’Italia mostra un maggiore Reddito lordo (in percentuale del PIL) derivante da attività nei settori riciclo e simili (figura 22).
Per quanto riguarda gli investimenti in questi settori si riscontra un dato in linea europea, leggermente inferiore (figura 23).
Da segnalare come la quota di occupati negli stessi settori sia più alta in Italia che nella media EU, a conferma di come sul territorio italiano sia presente un dinamismo crescente anche da un punto di vista professionale e imprenditoriale rispetto all’economia circolare (figura 24).
Infine, l’Italia presenta un risultato inferiore alla media EU per quanto riguarda i brevetti, in particolare circa l’indicatore dei brevetti relativi al riciclo e alle materie prime secondarie (numero per milione di abitanti) (figura 25).
L’economia circolare costituisce un settore particolarmente fertile per l’innovazione. A questo riguardo, l’Unione Europea ha messo a punto l’Eco-Innovation Index 6 Secondo l’UE, è eco-innovazione ogni forma e tipo di innovazione volta a implementare significativamente e concretamente il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile e di riduzione dell’impatto ambientale, impiegando in maniere più responsabile ed efficiente le risorse disponibili. L’indice di eco-innovazione è un indicatore composito basato su 16 sottoindicatori in cinque diverse aree tematiche: input di eco-innovazione, attività di eco-innovazione, risultati di eco-innovazione, risultati di efficienza delle risorse e risultati socioeconomici. Il punteggio totale di un Paese membro dell’UE viene calcolato dalla media non ponderata dei 16 sottoindicatori. Tale indice mostra la performance dei singoli Stati membri in materia di eco-innovazione rispetto alla media dell’UE, che è equiparata a 100 (indice UE=100). che nel 2021 vede l’Italia posizionarsi tra gli eco-innovatori moderati, con un punteggio appena sopra la media EU (124 punti contro 121 UE)7 https://ec.europa.eu/environment/ecoap/indicators/index_en. L’andamento del nostro Paese è positivo e in crescita, con un impulso significativo dal 2019 (figura 26).
Cambiamenti climatici, rischio idrogeologico e consumo del suolo
Gli effetti dei cambiamenti climatici diventano sempre più visibili nel continente europeo, contribuendo ad aumentare il rischio idrogeologico (IRPI, 2019).
Come evidenziato dall’ISPRA (2021), il fenomeno riguarda anche l’Italia. Il territorio italiano è caratterizzato da un importante dissesto idrogeologico8 Degradazione ambientale associata a fenomeni quali frane, alluvioni ed erosione costiera. L’aumento delle aree urbanizzate, unito all’accelerazione dei cambiamenti climatici, ha ulteriormente esposto territori, edifici e popolazioni a questo rischio. Rispetto al 2017 è aumentata la superficie nazionale a rischio frane e alluvioni, nello specifico il quadro regionale è eterogeneo, con situazioni di pericolosità differenti distribuite lungo la penisola, ma con una particolare concentrazione nel Centro Italia (figura 27). Il quadro regionale è eterogeneo, con situazioni di pericolosità differenti distribuite lungo la penisola, ma con una particolare concentrazione nel Centro Italia (figura 27). Le regioni che presentano i valori più elevati di popolazione che vive nelle aree a rischio frane e alluvioni sono Emilia-Romagna (quasi 3 milioni di abitanti a rischio) e Toscana (oltre 1 milione) (ISPRA, 2021). L’urbanizzazione crescente negli anni ha comportato nel nostro Paese, così come nel resto d’Europa, un aumento del consumo del suolo, risorsa indispensabile per la sopravvivenza dell’ecosistema del nostro pianeta. Il suolo europeo risulta essere sottoposto a un intenso consumo e ad un crescente degrado (Commissione europea, 2021). Anche in Italia la quota di suolo consumata è in continuo aumento negli ultimi anni (figura 28). Le aree maggiormente caratterizzate da questo fenomeno si trovano nell’area della Pianura Padana e nel Lazio (figura 29). Il suolo necessita di essere protetto per garantirne le sue molteplici funzioni a livello socioeconomico e ambientale. L’incremento dell’occupazione e del degrado del suolo produce infatti effetti diretti sulla flora e sulla fauna che abitano il nostro pianeta, costituendo una delle cause della perdita di biodiversità8 Nel rapporto IPBES (2019) si evidenzia come le aree urbane sono più che raddoppiate dal 1992; il degrado del suolo ha ridotto la produttività del 23% della superficie terrestre globale; circa il 75% delle terre emerse e il 66% degli ambienti marini sono stati significativamente modificati dall’attività umana. (IPBES, 2019).
Altro fenomeno associato al cambiamento climatico è la siccità. Il 2022 ha visto in diverse regioni europee e in particolare in Italia una carenza di piogge e, di conseguenza, una crescente siccità, con relativi effetti sulle coltivazioni, sull’agricoltura e il commercio, sugli animali, sul clima, sull’inquinamento e in generale sul sistema economico e sull’ecosistema ambientale. L’Italia è tra i principali territori che ha vissuto in modo importante l’aumento della siccità negli ultimi mesi, una situazione che è divenuta emergenziale in tutta la penisola e soprattutto nell’area della Pianura Padana e del Centro Italia (Commissione europea, 2022).
L’evoluzione dei cambiamenti climatici ha contribuito ad aumentare la percezione della serietà e della pericolosità della crisi ambientale da parte dei cittadini europei.
I rischi ambientali sono ritenuti dalla popolazione europea tra le cinque maggiori minacce di lungo periodo per il pianeta. In particolare, a preoccupare sono il fallimento delle iniziative per il clima, mentre le situazioni metereologiche estreme e perdita di biodiversità sono i rischi maggiormente temuti (WEF, 2022).
Inoltre, nell’Unione Europea, i giovani tra i 15 e i 24 anni sono coloro che maggiormente ritengono i cambiamenti climatici un problema molto serio (Commissione europea, 2020a)9 Si segnala tuttavia come le variazioni tra i gruppi di età dei rispondenti non siano significative.. In ultimo, l’Italia risulta essere uno dei Paesi europei in cui la serietà della crisi climatica risulta essere percepita in modo maggiormente significativo (figura 30).
POLICY
“The Circular Economy Initiative Deutschland” (CEID) – La strategia tedesca per la promozione di un sistema dell’economia circolare nel framework europeo
L’approccio dei policymakers allo sviluppo e all’attuazione di strategie di lungo termine multilivello per l’economia circolare è stato generalmente graduale nonostante la rilevanza e l’affermazione negli anni del tema (OECD, 2020). Per questo, su questo specifico capitolo, è importante porre come premessa il ruolo propulsivo dell’Unione Europea nei confronti dei paesi membri nell’inquadramento delle azioni e dei relativi obiettivi da raggiungere nell’ottica della transizione (Agenzia Europea dell’Ambiente, 2019) e del Green Deal.
La Commissione Europea con la pubblicazione nel 2011 della “Tabella di marcia verso un’Europa efficiente sotto il profilo delle risorse” ha stabilito un percorso volto a implementare un’economia che utilizzi le risorse in modo sostenibile e minimizzando il loro impatto ambientale (Commissione europea, 2011).
Questo percorso ha portato dapprima alla Comunicazione del 2014 “Verso un’economia circolare: programma per un’Europa a zero rifiuti” e alla successiva Comunicazione “L’anello mancante – Piano d’azione dell’Unione europea per l’economia circolare” (Commissione Europea, 2014, 2015).
La prima Comunicazione ha configurato una serie specifica di azioni riguardanti la progettazione ed innovazione al servizio dell’economia, lo sblocco degli investimenti orientati all’economia circolare e la modernizzazione della politica in materia di rifiuti mentre la seconda, oltre a confermare la volontà di configurare un quadro di interventi mirati all’implementazione dell’economia circolare in tutte le fasi del ciclo di vita dei prodotti, ha tradotto in azioni concrete e specifiche le principali linee politiche poste a fondamento dell’intera strategia affiancando al Piano d’azione (una serie di proposte di modifica della legislazione comunitaria, intendendo configurare un vero e proprio “Pacchetto sull’economia circolare” (Commissione europea, 2020) che, tra gli altri, stabilisce gli obiettivi per la raccolta differenziata: entro il 2025 riciclare il 55% dei rifiuti prodotti, 60% entro il 2030, 65% entro il 2035. Il Pacchetto segna anche una linea di demarcazione importante rispetto al passato, in termini di cambio di mentalità e di definizione di un approccio comune nel modo di produrre e gestire i rifiuti, in particolare:
- adottando una visione globale del ciclo di vita dei prodotti, persegue un orientamento di fondo riassumibile nella valorizzazione delle materie prime seconde nelle politiche di prodotto e nell’ecodesign;
- nell’uso sostenibile delle risorse nelle fasi di approvvigionamento e di produzione;
- nell’inserimento della circolarità all’interno di nuovi modelli di consumo basati su prodotti verdi;
- nel riciclo e recupero dei rifiuti allo scopo di abbattere i quantitativi destinati allo smaltimento.
Il nuovo Piano di azione UE per l’economia circolare, approvato a febbraio 2021, ha l’obiettivo di accelerare la transizione verso una nuova economia di rigenerazione riducendo in misura significativa la produzione di rifiuti, dimezzare la quantità di quelli urbani non riciclati entro il 2030, con una particolare attenzione alla progettazione di prodotti sostenibili, alla circolarità nei processi produttivi e ai settori a più alta intensità di risorse e ad alto impatto ambientale10 Tra cui la plastica, il tessile, le costruzioni, l’elettronica, le produzioni alimentari, le batterie e i veicoli., garantendo il raggiungimento dei target indicati nelle direttive europee.
È in tale contesto, che la Commissione europea ha presentato il 30 marzo 2022 un nuovo pacchetto di misure per l’economia circolare con l’obiettivo di rendere i prodotti sempre più sostenibili, promuovere modelli di business circolari e responsabilizzare i consumatori.
In questo contesto si è scelto di focalizzare l’attenzione sulla Germania, ed in particolare sulla “Circular Economy Initiative Deutschland” (CEID) del 2019, una policy costruita e improntata fortemente in continuità con le linee guida europee; questo elemento, oltre alla forte dimensione strutturale che orienta la policy, pone la strategia tedesca per l’economia circolare come significativa ed esemplare delle traiettorie europee in merito allo sviluppo di un’economia circolare di sistema.
Breve descrizione della Policy:
La Germania, oltre ad aver indicato la promozione esplicita dell’economia circolare come obiettivo già a partire dal 1996, si è caratterizzata negli anni per le sue politiche strutturali volte a coniugare sostenibilità economica ed ambientale, a partire dalle scelte e dagli investimenti che l’hanno resa uno dei leader europei e globali sul tasso di riciclo dei rifiuti (Ispra, 2021a).
A livello europeo11 Sul tema occorre sottolineare che rispetto alla transizione ecologica e all’economia circolare, l’Italia si pone in una buona posizione rispetto agli altri Paesi dell’UE, risultando essere una delle realtà territoriali che meglio si è attivata e che ha fatto i maggiori passi per affrontare la transizione ecologica. L’Italia è paese leader dell’Unione europea sulle politiche relative all’applicazione del Green Public Procurement in materia di appalti pubblici, e le sue regole rappresentano un riferimento per molti Paesi che stanno intraprendendo un percorso per una più efficace applicazione di tali regole., i decisori politici tedeschi si sono distinti per una crescente consapevolezza, sul solco delle Comunicazioni della Commissione Europea, rispetto alla necessità di rafforzare l’economia circolare a livello strutturale nella prospettiva della transizione ecologica per raggiungere gli obiettivi dell’accordo di Parigi, migliorare la capacità di innovazione e produzione e, simultaneamente, ridurre la dipendenza dall’importazione di materie prime. Altresì, l’esigenza tedesca di rafforzare l’economia circolare deriva dalla coscienza delle necessità di implementare il tasso di circolarità nella propria economia che, rispetto al successo del sistema di riciclo, appare ancora limitato12 I dati Eurostat del 2020 mostrano che rispetto al tasso di circolarità la Germania, benché lievemente sopra la media europea, sia al di sotto di diversi paesi, fra cui l’Italia. Vedi i dati presenti nel capitolo (figura 14 ).; in questo senso, vi è un’accesa discussione tra gli analisti politici e accademici rispetto all’approccio tedesco all’economia circolare più simile ad una “economia del riciclo” che ad una vasta agenda per trasformare i modelli di business e il pensiero economico (M. Nelles et. al., 2016).
La “Circular Economy Initiative Deutschland” (CEID), avviata nel 2019 sotto il mandato politico e finanziario del ministero federale tedesco dell’Istruzione e della Ricerca (BMBF), vuole promuovere questa trasformazione verso un’economia circolare della Germania a partire da un approccio multi-stakeholder nella definizione di una visione congiunta degli obiettivi e del rispettivo piano operativo.
A tale scopo la CEID ha previsto la costituzione di 3 gruppi di lavoro formati da imprese, mondo accademico e attori della società civile interessate sui modelli di business nell’economia circolare, sul tema del packaging e sulle batterie di trazione.
Gli insight di questi gruppi di lavoro hanno posto le basi per le raccomandazioni su cui sono state costruite le azioni ed il piano da parte del governo tedesco con il supporto della National Academy of Science and Engineering (Acatech) e l’Environmental Service Agency (SYSTEMIQ) raccolte nella “Circular Economy Roadmap”(CEID, 2021).
Partendo dal riconoscimento della necessità comune di ristrutturare una modalità non più sostenibile di produzione e consumo, questa Roadmap porta il governo tedesco a porre alcuni elementi qualificanti una strategia di lungo periodo che possono diventare una possibile rotta applicativa per i paesi europei sul tema:
- adattare agli obiettivi della Strategia Nazionale di Economia Circolare il quadro giuridico preesistente e la legislazione sui rifiuti;
- rafforzare gli strumenti per la responsabilità estesa del produttore su scala europea;
- lavorare sinergicamente ai paesi europei per uno standard uniforme nel mercato unico per prodotti durevoli, riutilizzabili, riciclabili e, possibilmente, riparabili;
- investire per l’introduzione dei passaporti digitali dei prodotti e per il supporto delle aziende per la sua implementazione;
- incentivare la prevenzione dei rifiuti e i sistemi di riutilizzo, restituzione e deposito ecologicamente vantaggiosi anche per lo smaltimento di batterie e apparecchi elettrici;
- supportare forme di economia circolare negli accordi industriali e la sharing economy. (CEID, 2021a).
Le politiche europee sono particolarmente focalizzate sulle opportunità di business e gestione dei rifiuti (Boxall et al., 2019) più che all’innovazione e alla riduzione dei consumi (M. Gavin et Al., 2022). Infatti, operativamente la strategia tedesca sull’economia circolare si posiziona saldamente in tale direzione, pur caratterizzandosi per un approccio maggiormente integrato e multisettoriale che si sviluppa sotto forma di incentivi e supporti nell’ottica di preparare il terreno, già più fertile su questo tema rispetto ad altri paesi europei, alla transizione ecologica e ai suoi effetti economici e sociali.
La policy qui brevemente descritta rappresenta, al netto del diverso contesto di riferimento, un valido confronto per i futuri output per l’Italia sul tema, data la vicinanza delle azioni principali intraprese a partire dal 2017 dal ministero dell’Ambiente e dal ministero dello Sviluppo economico nel documento strategico intitolato “Verso un modello di economia circolare per l’Italia” (Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare e Ministero dello Sviluppo Economico, 2017)
e le sue successive implementazioni. Se per motivi di spazio non è possibile qui ricostruire nelle sue articolazioni il piano strategico italiano ci vogliamo soffermare sulle azioni e gli investimenti collegati al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).
Il PNRR giocherà un ruolo fondamentale nell’implementazione di politiche nazionali orientate alla transizione ecologica e all’economia circolare. I principali obiettivi posti sono la riduzione dell’uso di materie prime non rinnovabili, la riduzione della produzione di rifiuti incrementandone il riutilizzo e il riciclo, l’introduzione dei sistemi di tracciabilità dei flussi di materiali, il rafforzamento della filiera del riciclo con interventi mirati a consentire il recupero delle materie prime seconde, l’implementazione del paradigma dell’economia circolare riducendo l’uso di materie prime di cui il paese è carente sostituendole progressivamente con materie prime seconde, la pianificazione delle infrastrutture per chiudere il ciclo dei rifiuti e la promozione della diffusione di buone pratiche. Per il raggiungimento di questi obiettivi, le risorse direttamente finalizzate all’economia circolare nella Missione 2 (“Rivoluzione verde e transizione ecologica”) Componente 1 (“Economia circolare e agricoltura sostenibile”) sono pari a € 2,1 miliardi e riguardano i rifiuti e il riciclo. In particolare, sono orientati su due linee di intervento: la realizzazione di nuovi impianti di gestione dei rifiuti urbani (€ 1,5 miliardi) e la realizzazione di “progetti faro” di economia circolare (€ 600 milioni), in una prospettiva, specialmente sul secondo aspetto, in linea con l’intenzionalità strutturale della strategia tedesca ed europea.
RISORSE
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